Da sempre il ciclismo neerlandese è fucina di talenti oltremodo orizzontali. Da Jan Janssen, vincitore, in carriera, di Tour de France, Mondiale e Parigi-Roubaix, ad Hennie Kuiper, due volte secondo alla Grande Boucle, campione olimpico e iridato, ma anche conquistatore di edizioni della Milano-Sanremo, del Giro delle Fiandre, della già menzionata Parigi-Roubaix e del Giro di Lombardia, passando per l’ingiustamente dimenticato Steven Rooks, che sul finire degli anni ’80 sapeva dire la sua sia nei grandi giri che in tutte le corse di un giorno più prestigiose. Thymen Arensman, uno dei giovani più intriganti tra quelli al via del Giro d’Italia 2022, altro non è che un luminoso erede dei grandi eclettici di cui sopra.
La sua eleganza in sella, tipica anch’essa della scuola orange, non deve ingannare. Il Cigno Arensman, infatti, ha forgiato la sua classe laddove ci si deve sporcare le mani: nei campi da ciclocross. Dietro all’aspetto alto-borghese tipico del passista-scalatore neerlandese, che richiama tanto lo stile del sopraccitato Rooks quanto quello dell’odierno Wilco Kelderman, c’è la scorza tipica di chi si è sbucciato a più riprese gomiti e ginocchia battagliando tra distese di fango, dune e discese ghiacciate.
Arensman, nel ciclocross, peraltro, non era nemmeno uno dei tanti. Anzi, il neerlandese era uno dei nomi più quotati della sua generazione. Nelle categorie giovanili, solamente due come Tom Pidcock ed Eli Iserbyt erano considerati nettamente superiori a Thymen. Nella sua seconda stagione tra gli juniores, l’attuale atleta della DSM fu capace di vincere la prova di Coppa del Mondo di Zolder e di piazzarsi sul podio in nove delle ventidue gare disputate.
Da U23, dopo una prima stagione di adattamento, invece, andò a prendersi nientemeno che il Koppenbergcross di categoria. Sul muro più duro del Giro delle Fiandre, Arensman si impose in solitaria piegando la resistenza di Eddy Finé, oggi professionista su strada con la Cofidis, e di un corridore che durante la recente campagna del Nord ha lasciato un po’ tutti a bocca aperta: Ben Turner.
Thymen Arensman conquista il Koppenbergcross U23
Già all’epoca, però, era chiaro che il ciclocross non sarebbe stato il futuro di Arensman. Thymen, soprannominato da chi vi scrive “Il Principe di Eternia”, per l’assonanza tra il suo nome di battesimo e quello dell’alter ego del principe Adam, vale a dire He-Man, nella serie anni ’80 He-Man e i Dominatori dell’Universo (guai a chi prova a dire che questo è un dettaglio inutile. Un soprannome ganzo non è mai un dettaglio inutile), pochi mesi prima del successo nel Koppenbergcross era emerso in tutto il suo splendore pure su strada.
Già da juniores Thymen aveva ottenuto risultati di prestigio, tra cui spiccano il secondo posto con vittoria di tappa all’Oberosterreich Rundfahrt e il terzo al Niedersachsen Rundfahrt. Fu nella sua prima stagione da U23, tuttavia, che il Principe di Eternia, benché fosse in assoluto uno dei più giovani atleti della categoria, dato che è nato il 4 di dicembre, si impose quale uno dei prospetti di maggior talento del panorama ciclistico internazionale.
Noto ai più come corridore da corse a tappe, e non potrebbe essere altrimenti dato il fisico magro e slanciato, dopo una buona serie di risultati nelle sue prime gare di un giorno disputate tra gli U23, esplose laddove solo chi conosceva il suo background di crossista poteva aspettarselo: alla Parigi-Roubaix Espoirs. E badate bene, la sorella minore della Regina delle Classiche, nel 2018, fu una gara durissima, totalmente differente rispetto alle edizioni blande vinte nelle stagioni appena precedenti da Nils Eekhoff e Filippo Ganna.
La gara divampò a 50 chilometri dal traguardo e davanti, ben presto, rimasero un pugno di atleti. Oltre ad Arensman, c’erano Nicolas Prodhomme, Stan Dewulf, Callum Scotson, Jonathan Brown, Brent Van Moer, Jasper Philipsen e Julius van Den Berg. Philipsen, il favorito, venne rallentato da due forature, mentre diversi tra gli altri, col passare dei chilometri, finirono per mollare. All’entrata del velodromo si presentarono in tre: Dewulf, quell’anno autore di una stagione strepitosa, van den Berg, solido veterano che da lì a un mese sarebbe passato professionista, e Thymen, che era il terzo atleta più giovane in gara.
Quella Parigi-Roubaix Espoirs la vinse Dewulf, benché fosse in inferiorità numerica dato che van den Berg e Arensman erano compagni di squadra alla SEG Racing Academy. Ad ogni modo, con quella prestazione inaspettata e sorprendente, Thymen, terzo al traguardo, aveva dato prova di essere un ragazzo totalmente fuori dall’ordinario. Ma non era certamente finita là.
Ad agosto, Thymen venne convocato dalla nazionale neerlandese per il Tour de l’Avenir, la gara a tappe più prestigiosa della categoria U23. Il giovane neerlandese non partiva certo tra i favoriti. Ivan Ramiro Sosa, reduce da un’estate strepitosa, dominava i pronostici, con Brandon McNulty e un certo Tadej Pogacar che apparivano come le alternative più probabili al colombiano. Arensman, che era, in assoluto, il più giovane presente nella startlist, partiva come spalla di quel Kevin Inkelaar che un mese prima aveva sfiorato il trionfo al Giro della Valle d’Aosta.
Nella ridicola tappa di appena 35 chilometri che prevedeva l’arrivo in quota a Méribel, ove Sosa, Pogacar e McNulty fecero la differenza (vincerà il primo beffando il terzo che, convinto di essersi imposto nella volata, alzò le braccia anzitempo), Inkelaar crollò, mentre Arensman arrivò nel primo gruppo inseguitore, insieme a gente come Vlasov e Champoussin. Il neerlandese, data l’ottima prestazione fatta, in precedenza, dalla sua nazionale nella cronosquadre, si ritrovò, incredibilmente, al terzo posto della classifica generale.
Due giorni più tardi, nella tappa di Val d’Isère, McNulty venne risucchiato in un vortice di sfortuna e finì per crollare. Pogacar, invece, sotto il diluvio, attaccò insieme al lussemburghese Michel Ries e guadagnò quasi un minuto su tutti gli altri avversari. Lo sloveno mise l’ipoteca sul successo finale, mentre Arensman, che arrivò al traguardo nuovamente col gruppo dei primi inseguitori, rimase terzo nella generale, dato che aveva superato McNulty, ma era stato a sua volta sorpassato da Ries.
Il dì seguente, nella frazione conclusiva, la Val d’Isère – Saint-Colomban-des-Villards, tuttavia, crollò anche Ries. Arensman, pur soffrendo sulla salita finale, invece, fu capace di chiudere ottavo ad appena 11″ dal trionfatore di giornata Gino Maeder. Tale prestazione permise al Principe di Eternia di agguantare, addirittura, la seconda piazza in classifica generale dietro al fenomeno Pogacar. Thymen, dunque, da più giovane tra i partenti fu secondo davanti a, nell’ordine, Gino Maeder, Aleksandr Vlasov, Clément Champoussin, Ivan Ramiro Sosa, Joao Almeida, Edward Dunbar e Tobias Foss.
Thymen Arensman si prende il secondo posto finale nell’ultima tappa del Tour de l’Avenir 2018
Riguardando quell’ordine d’arrivo oggi, con negli occhi le carriere che stanno facendo i nomi battuti da Arensman, l’impresa di Thymen risulta ancor più fragorosa. Nonostante avesse appena un mese in più rispetto ad atleti che, al tempo, militavano nella categoria juniores, il Principe di Eternia riuscì a battere degli eccellenti uomini da corse a tappe in erba in una gara di dieci giorni.
A fare da contraltare all’immenso talento di Thymen, in quel periodo, però, c’era la notevole inesperienza. Arensman cadeva spesso e sovente si faceva anche male. Il 2019, annata in cui era atteso a dare continuità ai risultati meravigliosi del 2018, fu incolore e funestato dai problemi fisici. L’allora Sunweb, tuttavia, decise comunque di farlo passare professionista, nel 2020, subito dopo la pausa dovuta alla pandemia. E la scelta si dimostrò azzeccata.
Il Principe di Eternia, infatti, si presentò al via della Vuelta e da debuttante fu grande protagonista del grande giro spagnolo. Thymen fu terzo a Sabiñánigo, dietro a Tim Wellens e Guillaume Martin, sesto a Ourense, ove contese il successo parziale al già citato Wellens e a corridori di rango come Michael Woods, Zdenek Stybar, Dylan van Baarle e Marc Soler, e quindicesimo nella cronometro di 34 chilometri con arrivo sul Mirador de Ézaro.
La prestazione, in assoluto, migliore di Thymen, ad ogni modo, arrivò nell’ultima tappa di alta montagna, la quale aveva il traguardo posto in vetta all’impervio Alto de la Covatilla. Arensman, in quell’occasione, non andò in fuga, si misurò coi migliori e giunse al traguardo con Daniel Martin e Wout Poels, rispettivamente quarto e sesto della graduatoria generale. Da Richard Carapaz, in quella tappa il migliore tra gli uomini di classifica, il neerlandese perse appena 1’16”.
Il 2021 di Arensman, per certi versi, è stato meno entusiasmante di quello che ci si poteva aspettare. Appariva comunque chiaro, a inizio stagione, che il Tulipano della DSM fosse ancora un po’ acerbo. Al Giro di Romandia, ad ogni modo, Thymen ha portato a casa un buon undicesimo posto, con annessa maglia bianca di miglior giovane, nella graduatoria finale. Il decimo posto sulla tostissima erta di Thyon 2000, inoltre, è un risultato che non va sottovalutato dato che parliamo di un ragazzo poco più che ventenne.
Alla Vuelta Arensman, il quale, al contrario dell’anno precedente, aveva meno spazio per sé data la presenza in squadra di Storer e Bardet, non ha lanciato segnali degni di nota per venti giorni. Nella cronometro finale, tuttavia, ha dato prova della sua classe cogliendo la terza piazza alle spalle di Primoz Roglic e Magnus Cort Nielsen, i due assoluti mattatori dell’ultima edizione del Grand Tour spagnolo.
Il settimo posto al Giro di Sicilia che si è svolto tra fine settembre e inizio ottobre altro non è stato che l’antipasto dello splendido inizio di 2022 di Thymen, ove il Principe di Eternia ha colto risultati importantissimi quali il sesto posto alla Tirreno-Adriatico e il terzo al Tour of the Alps. La prova sfornata sulle strade dell’ex Giro del Trentino, e in particolar modo sul tostissimo muro di Stronach, ove solo il suo capitano Bardet e Michael Storer sono stati in grado di reggere il suo forcing, ha definitivamente messo il neerlandese nella mappa degli outsider più insidiosi al via del Giro d’Italia.
La grande prestazione di Arensman nella tappa conclusiva del Tour of the Alps 2022
Thymen è molto forte sul passo, si difende più che bene in salita e al Tour of the Alps ha dato l’impressione di cavarsela in modo egregio anche quando la strada scende. Sulle tre settimane non ha esperienza, ma i precedenti alla Vuelta, ove ha espresso le sue migliori prestazioni negli ultimissimi giorni, lasciano intendere che il ragazzo sappia assorbire bene la fatica. Del resto, pure il secondo posto al Tour de l’Avenir 2018, ottenuto alla prima esperienza in una gara di dieci giorni, fa pensare che il giovane Tulipano abbia doti di fondo e recupero quantomai spiccate.
La coesistenza con Bardet è un punto di domanda. Arensman potrebbe correre in supporto quasi totale al transalpino, curando la sua classifica, ma non facendo gara parallela con Romain. Un po’ come faceva Froome con Wiggins, per capirci. Oppure potrebbe avere, invece, la licenza di andare all’attacco sfruttando proprio il fatto di avere al suo fianco un atleta che, dopo il successo al Tour of the Alps, nessuno può permettersi di sottovalutare.
Per quanto concerne il futuro post Giro d’Italia, invece, è bene che Thymen non si ponga alcun limite. Le corse a tappe sono il suo naturale terreno d’elezione. Le qualità nella guida del mezzo che ha sviluppato nel ciclocross, unite alle sue doti sul passo e quell’interessante mix di fondo, resistenza e recupero di cui sembra godere, tuttavia, potrebbero permettergli di togliersi delle soddisfazioni anche nelle gare in linea. Proprio come i suoi antenati della grande scuola orange di ciclismo su strada.