Pochi corridori, in questo momento storico, stuzzicano la fantasia degli appassionati di ciclismo come Ethan Hayter. Asso della pista e promettente stradista, il giovane britannico è uno degli atleti più completi che l’universo del pedale possa offrire. Il portacolori del Team Ineos è forte a cronometro, ma dispone anche di uno spunto veloce paragonabile a quello di sprinter puri di buon livello. E in salita? La montagna non è certamente il terreno d’elezione di Hayter, ma nel corso delle stagioni ha dimostrato di potersi difendere su erte di ogni tipo.
Il 2021 di Hayter è stata una stagione semplicemente senza senso. In pista il britannico ha conquistato l’argento olimpico nella Madison e il titolo iridato nell’Omnium. In quest’ultima gara, peraltro, in contumacia sua maestà Benjamin Thomas, che ha preferito concentrarsi sulla Corsa a Punti, Ethan ha sfornato una prestazione che resterà negli almanacchi. L’alfiere della Ineos, infatti, ha trionfato in tre delle quattro prove che compongono l’Omnium e nella classifica finale ha rifilato la bellezza di 56 punti al secondo.
Su strada, invece, Ethan ha esibito una continuità di rendimento invidiabile ed è stato protagonista ogni volta che ha attaccato il numero alla schiena. Il britannico ha preso parte a cinque corse a tappe tra marzo e settembre e ha raccolto un bottino invidiabile: quarto con vittoria di tappa alla Coppi & Bartali, secondo con successo parziale sull’Alto da Foia alla Volta ao Algarve, settimo con due vittorie di tappa alla Vuelta a Andalucia, primo nella classifica generale e nelle prime due frazioni del Tour of Norway e secondo, con un trionfo parziale, al Tour of Britain. In aggiunta a questi risultati, oltretutto, meritano una menzione il quarto posto alla Bretagne Classic, una manifestazione di 250 chilometri, e l’ottavo ai Mondiali a cronometro.
Il fantastico finale di Hayter e Walls nella Madison olimpica
Di tutte le competizioni menzionate in precedenza, quella che ha consacrato Hayter è stata, indubbiamente, la corsa di casa, il Tour of Britain. Nella fu Milk Race, infatti, il giovane britannico si è battuto alla pari con il campione del Mondo Julian Alaphilippe e con quel Wout Van Aert che, tra i grandi dell’epoca attuale, è colui che, per polivalenza, più assomiglia ad Hayter. Sia ben chiaro, i due sono corridori diversi, con qualità differenti, i quali, però, hanno in comune una versatilità rara nell’epoca moderna delle due ruote.
Venendo nel dettaglio di quelle che sono le doti di Hayter, possiamo dire, innanzitutto, che siamo davanti a un corridore in possesso di un acume tattico estremamente sviluppato in relazione all’età che ha. Un esempio, in questo senso, lo abbiamo avuto alla recente Volta ao Algarve. La frazione conclusiva, che prevedeva la doppia scalata dell’Alto do Malhao, era indubbiamente la più antipatica per il giovane londinese, il quale, in precedenza, si era piazzato in top-3 sia sull’Alto da Foia che nella cronometro.
Al contrario dell’Alto da Foia, il quale è più lungo, ma presenta pendenze blande e regolari, il Malhao è un’erta breve e nervosa. Essa misura appena 2,6 chilometri, ma i primi duemila metri sono costantemente sopra il 10%. Nel complesso parliamo di uno sforzo di 7/8 minuti, già di per sé non l’ideale per un passista abituato a primeggiare in gare su pista che durano svariate decine di primi, su pendenze che strizzano l’occhio ad atleti più leggeri come Sergio Higuita e David Gaudu.
Nella frazione in questione, quando il suo compagno Dani Martinez ha allungato sul primo passaggio sul Malhao, portando via un gruppetto di circa una decina di unità, Hayter è rimasto nella seconda parte del plotone. Una scelta che, in un primo momento, sembrava assai rischiosa, dato che poteva costare al britannico addirittura la top-10. Ethan, però, aveva fatto bene i calcoli e i due tronconi si sono ricongiunti prima della seconda scalata al Malhao. Appena imboccata l’erta che portava al traguardo, Hayter ha perso contatto dai primi. Salendo del suo passo, tuttavia, il portacolori della Ineos ha ripreso diversi corridori e ha concluso la frazione al decimo posto, a 42” da Higuita.
Grazie a questa prestazione, Hayter si è garantito un quarto posto in classifica generale che vale decisamente di più rispetto al secondo dell’anno scorso, dato che la concorrenza era di tutt’altro livello. Il fosforo di Ethan, ad ogni modo, non si nota solamente quando corre sulla difensiva, ma pure quando prende in mano la situazione e gareggia all’attacco. Lo si è visto, ad esempio, allo scorso Giro di Norvegia, quando nella frazione di Sokndal, la quale era stata caratterizzata da scatti e controscatti, ha intuito che l’azione giusta fosse quella di Schelling. In quel frangente, dopo aver fatto gara parallela col compagno Ganna, Hayter si è incollato alla ruota del neerlandese nell’esatto istante in cui questi ha fatto la sua mossa, e, nel finale, lo ha bruciato in volata.
Un’altra dimostrazione della sua intelligenza ciclistica Hayter la diede, nel 2019, durante la prima tappa del Giro d’Italia U23. Il britannico, che vestiva la maglia rosa conquistata nel prologo, in quell’occasione era uno dei favoriti in caso di arrivo allo sprint. Poco prima del traguardo, però, il gruppo doveva affrontare un GPM, il Passo delle Forche e, al termine della discesa dell’erta appena menzionata, Ethan non aveva alcun compagno di squadra al suo fianco. A quattro chilometri dall’arrivo, tuttavia, ecco che si presenta l’occasione ideale per Hayter.
Alexys Brunel scatta, tallonato da Georg Zimmermann, in un tratto in leggera discesa. Ethan, conscio che i due attaccanti sono dei grandi passisti, non esita un attimo e li segue. I tre prendono in un amen 10” sul gruppo e gli inseguitori non li riacciuffano più. A quel punto i giochi sono fatti. Si va verso una volata a tre, la quale presenta molte meno insidie, per Hayter, rispetto a una soluzione a ranghi compatti. A 300 metri dall’arrivo, il britannico prende la testa, non la molla più, e arriva alla meta a braccia alzate.
Ethan Hayter vince la prima tappa del Giro d’Italia U23 2019
Per quanto abbiamo visto di recente su pista, inoltre, possiamo dire che Ethan vanta doti di resistenza e fondo decisamente fuori dal comune. Pensiamo alla Madison olimpica, ove, durante le tornate conclusive, dopo 50 minuti di battaglia senza esclusione di colpi, Hayter è riuscito a prodursi in un’accelerazione devastante che gli ha permesso di conquistare lo sprint finale e di sfilare l’argento alla coppia francese.
Preso atto che il progetto è decisamente interessante, viene da chiedersi, ora, in che tipologia di corridore potrà evolversi Hayter. Un atleta così veloce e, allo stesso tempo, resistente in salita, innanzitutto, dovrebbe mettere nel mirino le gare in linea. Ethan sembra avere le qualità per essere competitivo in quasi tutte le classiche. Una Sanremo è adatta alle sue caratteristiche, ma anche una Liegi, con un certo tipo di svolgimento, non lo vede tagliato fuori.
Per ora, invece, abbiamo pochi indizi per dare un giudizio sulle sue chance sul pavé. L’anno scorso ha colto un buon undicesimo posto alla Dwars door Vlaanderen, ma il più probante Giro delle Fiandre lo ha respinto. Di base un corridore come Ethan viene facilmente accostato alle classiche del Nord, ma Fiandre e Roubaix, per la verità, sono gare ove il feeling che si riesce a costruire con quelle strade conta di più rispetto alle caratteristiche tecniche in sé di un atleta.
E i grandi giri? Siamo onesti, questa è la domanda che, un po’ tutti, ci poniamo. Hayter da U23, al Giro d’Italia 2019, si è piazzato nei 10 in vetta a salite lunghe e toste come il Passo Maniva e il Monte Amiata. Ha fatto un po’ più di fatica sul Mortirolo e sul Fedaia, ma, chiaramente, se avesse ben figurato anche là non avremmo più alcun quesito da porci, ma solo risposte. Ad ogni modo, Ethan, anche in ottica corse a tappe di ventun giorni, parte da una base eccellente.
Ethan Hayter vince la seconda tappa del Tour of Norway 2021 con una prepotente volata
La cronometro, nonostante se ne propongano sempre meno, resta un asset importantissimo. Inoltre, i passisti come Hayter sono molto meno esposti, rispetto agli scalatori, ad alcune situazioni di gara particolarmente spinose. Uno come Ethan, ad esempio, spende di meno, rispetto a un grimpeur, in quelle tappe in cui la fuga ci impiega molto a partire e il plotone si fa le prime due ore a medie altissime. Pure in caso di ventagli, inoltre, il britannico ha i mezzi per barcamenarsi meglio rispetto a tanti altri rivali.
Le tre settimane e le salite lunghe con pendenze costantemente in doppia cifra sono le incognite principali nel processo di evoluzione di Hayter in direzione grandi corse a tappe. L’abilità del londinese nel gestire le energie, invece, è una delle armi migliori di cui egli dispone per far fronte alle criticità di cui sopra. Ad oggi Ethan, peraltro, quando la strada si inerpica va molto più forte rispetto a quanto facevano, alla sua età attuale, taluni suoi connazionali che hanno vinto la Grande Boucle. Per cui ci sia concesso dire che, oltre ogni ragionevole dubbio, è quantomeno possibile sognare un Hayter capace, un giorno, di arrivare sul podio del Giro, del Tour o della Vuelta.