Trentasettesima Edizione 29/04-07/05 1959
A tenere banco durante le operazioni di punzonatura furono le condizioni più che precarie del Campione del Mondo Ercole Baldini. Il Treno di Forlì, volle a tutti i costi essere della corsa, ma non era assolutamente in grado di poter lottare per le posizioni che competevano ad un corridore del suo rango. Gli restavano solo le speranze di fare un po’ di gamba in vista del Giro d’Italia. I favori del pronostico andavano tutti verso un trio straniero che, per un verso o per l’altro, conoscevano bene la corsa, ovvero lo spagnolo Miguel Poblet, il francese Louison Bobet e il vincitore uscente, il belga Jos Hoevenaers.
La corsa, ormai giunta alla sua decima edizione nella versione ciclo-motoristica, per la prima volta rinunciò ad avere la sua conclusione nella Capitale, per spingersi e terminare l’itinerario in Sicilia. Gli organizzatori erano comunque sicuri di avere tante altre corde per toccare e rendere partecipe un pubblico, come sempre, vistosamente numeroso, partecipativo e caldo.
La formula scelta, fu la medesima degli ultimi anni, e cioè un tratto dietro moto, in ogni finale di tappa, quasi sempre in circuito. Per il 1959, una percorrenza al rullo di un’unica tipologia di scooter, quella Lambretta che tanta parte aveva, in quegli anni, nella quotidianità degli italiani. Al fine di bilanciare il vantaggio degli specialisti delle corse dietro motori, sulle cinque salite sparse nelle varie tappe valevoli per il GPM, venne confermato l’abbuo-no di 30” al primo corridore e 15″ al secondo. Una vera e lunga corsa a tappe: 9 giorni di gara per 12 frazioni ed un chilometraggio complessivo di 1800 km. Di questi, circa il 10% dietro al rullo delle Lambrette. 44 corridori, 24 italiani e 20 stranieri, per una rappresentanza di 11 squadre di “case” ciclistiche o di gruppi pubblicitari. Le tappe: Roma-Napoli, frazione iniziale ma pure più lunga coi suoi 250 km, indi Napoli-Foggia, Foggia-Taranto, Taranto-Cosenza, Nicastro-Reggio Calabria, Circuito del lago di Ganzirri a Messina, Messina-Catania, Catania-Caltagirone-Siracusa in due settori, Siracusa-Gela-Agrigento anche questa tagliata a metà, ed infine, Agrigento-Palermo.
![[Immagine: Percorso%201959_zpsbktoizsg.jpg]](http://i1161.photobucket.com/albums/q504/ilnuovociclismo123/Percorso%201959_zpsbktoizsg.jpg)
Il tracciato del Gran Premio Ciclomotoristico 1959
Prima tappa: Roma-Napoli La partenza avvenne con qualche minuto di ritardo rispetto al previsto, anche per formalizzare due sostituzioni, si potrebbe dire dell’ultimo minuto, all’interno della squadra della Carpano: il belga Jozef Plankaert, aveva preso il posto del connazionale Gabriel Borra e l’influenzato Desiré Keteleer, anch’egli belga, era stato sostituito da Fernando Brandolini. La frazione s’avviò a passo turistico e rimase in questa dimensione per tanti chilometri. Poi l’andatura migliorò assai, ma non fu ugualmente prodiga di episodi di cronaca. L’unico tentativo di rompere il “tutti insieme”, nacque al 140esimo chilometro quando se ne andò un drappello che, vista la composizione, poteva costituire l’episodio decisivo, ma non fu così. I protagonisti furono gli italiani Nencini, Ronchini, Monti, Fabbri, Fornara, Pambianco e Pellegrini, ai quali si aggiunsero gli stranieri Poblet, Bobet ed Hoevenaers. La non riuscita di quella fuga, che si esaurì in una quarantina di chilometri, fu un chiaro segno della volontà dei corridori di aspettare il tratto finale dietro motori, per darsi battaglia. Ed infatti, il gruppo compatto, andò all’aggancio con gli allenatori in Lambretta sul Lungomare di via Caracciolo, in Napoli, al cospetto di molta folla assiepata lungo i due chilometri e rotti del circuito, che i corridori dovevano percorrere otto volte, per un totale di 20,8 km. S’aprì così una ventina di minuti di lotta emozionante, che riscattarono la monotonie del tratto in linea. Dietro al rullo, emersero la maestria di Lorenzetti alla guida della Lambretta e, soprattutto, le gambe di Louison Bobet. L’anziano francese andò a vincere con 31” di vantaggio su Nencini e 37” su un Gaul, che parve disposto a non pedalare al Ciclomotoristico, solo per trovare la forma per il Giro d’Italia.
Ordine d’arrivo:
1°Louison Bobet (Fra) km 250.8 in 6h59’12”, alla media di 35,837 kmh; 2° Gastone Nencini a 31″; 3° Charly Gaul (Lux) a 37″; 4° Jos Hoevenaers (Bel) a 39″; 5° Armando Pellegrini a 43″; 6° Arnaldo Pambianco a 51″; 7° Bruno Monti a 1’05”; 8° Carlo Azzini a 1’11”; 9° Giuseppe Fallarlni a 1’14″; 10° Mario Tosato a 1’15”.
Seconda tappa: Napoli-Foggia Poco dopo la partenza, un attacco di Nencini, diede la scossa alla corsa. Col grande corridore toscano si portarono al comando Velucchi, Zocca e Gouget. Ma il tentativo ebbe breve durata. Poi per decine e decine di chilometri il gruppo restò compatto, ma a buona andatura. In vista del GPM di Ariano Irpino, scattò Armando Pellegrini, alla cui ruota, immediatamente, si portò Bobet. I due, col francese assai più attivo guadagnarono terreno. Dal gruppo, che si era frazionato nell’irruenza dell’attacco, uscirono Ronchini ed Hoevenaers che, a loro volta, s’avvantaggiarono e diedero subito l’impressione di potersi riportare sui battistrada. Ed infatti, a metà salita, pur a costo di notevoli sforzi, i due inseguitori, raggiunsero la coppia al comando. Qui però, Bobet iniziò a macinare un’andatura impossibile agli altri e scollinò al GPM, prendendosi 30” di abbuono con 15″ di vantaggio su Hoevenaers e Pellegrini, con Ronchini poco dietro. Ad un minuto, la testa degli inseguitori, composta da Pambianco, Nencini e Poblet. In discesa B0bet aspettò i tre compagni di avventura e poi, percorsi i 50 chilometri che separavano la cima di Ariano Irpino, dall’aggancio con gli scooter per il circuito di Foggia, fece la sua parte affinché la fuga non venisse annullata. Indi, giunto al rullo di Lorenzetti, il grande francese si produsse in un allungo vincente, che evidenziò forme e risultanze maggiori rispetto a quelle del giorno precedente. Ed a ben vedere, ai fini della classifica, comprendendo il GPM con abbuono, in due giorni, aveva fatto tre volte centro.
Ordine d’arrivo:
1° Louison Bobet (Fra) km 203 in 5h20′, alla media di 37,340 kmh (abbuono di 30” per GPM); 2° Jos Hoevenaers (Bel) (abbuono 15”) a 1’17”; 3° Armando Pellegrini a 1’34”; 4° Diego Ronchini a l’47”; 5° Mario Tosato a 3’03”; 6° Gastone Nencini a 3’15”; 7° Miguel Poblet (Esp) a 4’1″; 8° Norbert Kerckhove (Bel) a 4’06”; 9° Pierre Gouget a 4’13”; 10° Bruno Monti a 4’49”.
Classifica generale dopo la seconda giornata:
1°I.ouison Bobet (Fra) in 12 ore 18’42”; 2° Jos Hoevenaers (Bel) a 2’11”; 3° armando Pellegrini a 2’47”; 4° Diego Ronchini a 3’54”; 6° Gastine Nencini a 4’16”; 6° Mario Tosato a 4’48”; 7° Miguel Poblet (Esp) a 4’51”; 8° Norbert Kerckhove (Bel) a 6’17”; 9° Bruno Monti a 6’24”; 10° Arnaldo Pambianco a 6’58”.
Terza tappa: Foggia-Taranto La superiorità palesata da Bobet, parve attanagliare gli avversari, ben aldilà delle risultanze, fino a determinarsi in un “è inutile spreco”, che si trasformò in un “andiamo avanti tutti insieme per alleggerire la razione quotidiana di distacchi che ci aspettano nel finale”. Già, tradotto ancora, niente di fatto, fino all’aggancio con gli scooter, per il bellissimo circuito sul lungomare di Taranto. Corridori ed osservatorio, dopo due giorni, appiattiti sul secondo posto, l’unico vero traguardo che, giocoforza, il francese doveva lasciare. E lo capirono tanto più, quando il belga Hoevenaers, vincitore uscente, si trovò dopo 100 chilometri di tappa, con un vantaggio di 100 metri, solo perché Bobet stava parlando animatamente col connazionale Gouget in fondo al gruppo. Ma quando s’accorse dell’iniziativa del rivale, con uno scatto ed un perentorio allungo, rinvenne sul belga e lo guardò, come per dire: “Qui comando io”. Era inevitabile che si giungesse a corte del re della corsa, anche nella jonica Taranto…. Ed arrivati alle Lambrette, la lotta fu tutta per quella piazza d’onore ambita come reggia degli umani. Il sire si divertì ad osservarli limitandosi ad anticiparli nel finale, con un filo di gas, per le sue gambe anziane sì, ma dorate come ai tempi belli. E per la cronaca, il romano Bruno Monti, tornò alla vittoria nella sua corsa. Pardon, si piazzò secondo, ovvio.
Ordine d’arrivo:
1° Louison Bobet (Fra) km 238 in 6h37’08” alla media di 35,681 kmh; 2° Bruno Monti a 22″; 3° Miguel Poblet (Esp) a 26″; 4° Jos Hoevenaers (Bel) a 28″; 5° Arnaldo Pambianco a 31″; 6° Armando Pellegrini a 46″; 7° Carlo Azzini a 51″; 8° Giuseppe Fallarini a 1’01”; 9° Mario Tosato a 1’06″: 10° Gastone Nencini a 1’09”.
Classifica generale dopo la terza giornata:
1° Louison Bobet (Fra) in 18h50’50″; 2° Jos Hoevenaers (Bel) a 2’58”; 3° Armando Pellegrini a 3’33”; 4° Diego Ronchini a 5’08”; 5° Gastone Ncnclnl a 5’25”; 6° Mario Tosato a 5’54”; 7° Miguel Poblet (Esp) a 6’17”; 8° Bruno Monti a 6’46″; 9° Arnaldo Pambianco a 7’28”; 10° Norbert Kerckhove a 7’39”.
Quarta tappa: Taranto-Cosenza A somiglianza delle tappe precedenti, anche la Taranto Cosenza, si decise nel settore motorizzato, ma almeno prima, visse su una movimentazione più varia, tanto è che all’ingresso del circuito finale dietro Lambrette, non si presentò il gruppo compatto o quasi, ma “solo” un drappello di sedici corridori. La frazione, nella parte in linea, ebbe il suo punto nodale per la conquista degli abbuoni posti in cima al GPM di Terranova da Sibari, posta al 152esimo chilometro. Qui, il palermitano Antonino Catalano cercò inutilmente di sorprendere tutti, scattando all’inizio dell’ascesa, ma dopo trecento metri, Pambianco fu il primo a riagguantarlo, seguito da Bobet, il quale, passato a sua volta al comando, non abbandonò più quella posizione, anzi, guadagnò terreno fino a prendersi i 30” d’abbuono del GPM, con 4” su Hoevenaers, 5” su Pambianco e Ronchini appaiati, mentre a 14″ il tedesco Franz Reitz e via via diversi altri che, in discesa, si radunarono, formando al comando un drappello, appunto, di 16 unità. Costoro andarono, come detto, all’aggancio con gli allenatori sul circuito di Cosenza. Qui, la lotta divampò, e dopo un’iniziale dominanza di Monti e Nencini, passò al comando Poblet. Ma Bobet non restò a guardare e rinvenne sullo spagnolo appaiandolo. Alla fine, il francese, messosi al riparo dalle velleità di Hoevenaers, “lasciò” il successo allo spagnolo. Perlomeno l’osservatorio ebbe questa sensazione. Tanto pubblico, ancora una volta, nonostante il circuito….a pagamento.
Ordine d’arrivo:
1° Miguel Poblet (Esp) km 224,5 in 6h32′, alla media di 34,362 kmh; 2° Louison Bobet (Fra) a 1″; 3° Gastone Nencini a 18″; 4° Jozef Plankaert a 21”; 5° Bruno Monti a 32″; 6° Armando Pellegrini a 35″; 7° Jos Hoevenaers a 46″; 8° Mario Tosato a 48″; 9° Arnaldo Pambianco a 54″; 10° Alfredo Sabbadin a 55″.
Classifica generale dopo la quarta giornata:
1° Louison Bobet in 25h12’21″; 2° Jos Hoevenaers (Bel) a 3’39”, 3° Armando Pellegrini a 4’37”; 4° Gastone Nencini a 6’12”; 5° Miguel Poblet (Esp) a 6’46”; 6° Mario Tosato a 7’11”; 7° Bruno Monti a 7’47”; 8° Arnaldo Pambianco a 8’52”.
Quinta tappa: Nicastro-Reggio Calabria Dopo l’arrivo di Cosenza i corridori partirono subito su automobili e torpedoni, per andare a pernottare a Nicastro. Qui, gli organizzatori avevano improvvisato un circuito strapaesano, di circa tre chilometri, da percorre tre volte dietro moto, con traguardo a premio. Vinse Pierino Baffi. Poi, senza soluzione di continuità, il passaggio in linea verso Reggio Calabria. Una partenza anomala dunque, che trovò un paese ancora assonnato, ma comunque presente e tanta, tantissima polvere, sulla scia del passaggio dei corridori. A Vibo Valentia, il premio di un traguardo volante vinto da Poblet, spaccò il gruppo, ed al comando si trovarono con lo spagnolo, l’onnipresente Bobet, indi Hoevenaers, Monti, Nencini, Fini e Tamagni. Ma l’azione dei sette sfumò una decina di chilometri dopo. Intanto l’iridato Baldini continuò il suo calvario di sofferenze, confermando la sua sagoma fra gli ultimi: ovvero i primi a perdere contatto ad ogni cambio di velocità. Col finire dell’azione del drappello citato, partirono in contropiede Nello Fabbri e il britannico John Andrews. I due fecero in tempo a passare nell’ordine al traguardo di Rosarno, poi l’azione svanì. Poche pedalate, ed ancora Fabbri e Hoevenaers, tentarono una sortita, ma la presenza del belga svegliò “re” Bobet, ed in un paio di chilometri si chiuse tutto. In vista di Paini, ad una cinquantina di chilometri dall’arrivo, Antonino Catalano riuscì invece a salutare la compagnia e, di fronte all’indifferenza generale, rapidamente mise assieme un gran bel vantaggio. Passò primo sul culmine della salita di Sant’Elia, guadagnando un per lui ininfluente abbuono di 30” in classifica. Continuò bellamente la sua azione, ed arrivò all’aggancio con le Lambrette, per il circuito finale di Reggio, con 1’13” di margine sui veneti Tosato e Zamboni, che erano usciti dal gruppo e ben 6’ sul grosso, guidato da un Bobet che, un certo bottino lo aveva già fatto, coi 15” d’abbuono per il 2° posto al GPM di Sant’Elia. Antonino Catalano tenne duro e contenne il ritorno di Mario Tosato, andando a vincere la frazione, mentre dietro, ancora una volta, Bobet, dominò i migliori in classifica.
Sul vincitore.
Antonino Catalano nacque il 3 luglio 1932 a Palermo, dunque in una terra dove il ciclismo rappresentava uno sport di frontiera e dove la bicicletta era il mezzo più comune per affrontare la fame e la miseria. Riuscì ugualmente con una tenacia straordinaria a farsi corridore. Fu Costante Girardengo a credere in questo ragazzo del sud che, per correre, era costretto a dei “tour de force” incredibili. Grazie all'”omino di Novi”, Antonino passò professionista nel 1958, con la Calì Broni Girardengo. Fu un bel debutto, perché il palermitano si mise subito in grande evidenza al Tour de Suisse, dove giunse secondo in due tappe, vestì per un giorno la maglia oro di leader della classifica conquistò la Classifica finale del Gran Premio della Montagna e chiuse la corsa al terzo posto, dietro Fornara, vincitore, e al tedesco Hans Junkermann. Le ottime prestazioni svizzere gli fecero guadagnare la selezione azzurra per il Tour che concluse, nonostante diver-se traversie, al 19° posto. Nel corso della Grande Boucle, si mise in evidenza sul mitico traguardo di Briançon, dove si inchinò al solo Federico Bahamontes, dopo esser passato primo in vetta al leggendario Col du Vars.
![[Immagine: 1226399109AUXJJTTXR7_2473_lastscan.jpg]](http://www.dewielersite.net/db2/wielersite/beeldbank2/1226399109AUXJJTTXR7_2473_lastscan.jpg)
A settembre poi, vinse in Spagna, la quarta frazione della Vuelta Ciclista a La Roja, che si concludeva a Logrono. Un grande inizio per un debuttante. Nel 1959 passò alla Bianchi e arrivarono pure altre vittorie. Vinse la tappa di Reggio Calabria del Giro Ciclomotoristico e poi, al Giro d’Italia, le sue doti sul passo furono determinanti nel regalargli la tappa a cronometro, sul difficile circuito di Ischia. Fu un successo di gran nota al cospetto dei più grandi del ciclismo, accorsi in massa a quella edizione della “corsa rosa”. Ma quando si attendeva quell’ulteriore crescita che lo avrebbe portato ad un rango superiore, Antonino Catalano s’incamminò, invece, sulla strada del declino e, nel 1961, a soli 29 anni, abbandonò l’attività. Le ultime due stagioni, incolori e tutte votate all’aiuto verso i compagni, le passò nella Bianchi e nell’Atala. Antonino morì prematuramente il 20 aprile 1987 e di questo simpatico corridore, scurissimo di pelle, restano i ricordi delle grandi giornate di Briançon e Ischia.
Ordine d’arrivo:
1° Antonino Catalano km 160 in 4h31’52” alla media di 37,582 kmh; 2° Mario Tosato a 16″; 3° Adriano Zamboni a 1’04”; 4° Louison Bobet (Fra) a 4’01”; 5° Gastone Nencini a 4’03”; 6° Bruno Monti a 4’20”; 7° Jozef Plankaert (Bel) a 4’86”; 8° Carlo Azzini’a 4’38”; 9° Alfredo Sabbadin a 4’42”; 10° Jos Hoevenaers (Bel) a 4’43”; 11° Mkiguel Poblet a 4’51”; 12° Armando Pellegrini a 4’57”.
Sesta tappa: Circuito di Ganzirri (Messina)
Nel pomeriggio, lo spettacolo continuò a Messina, dopo la laboriosa e pittoresca traversata dello Stretto, dell’intera carovana (più di 300 persone e 150 mezzi motorizzati), sulle navi traghetto e sugli aliscafi. Teatro della nuova frazione, invece, un circuito, il terzo della giornata, tracciato una ventina di chilometri fuori della città, attorno al laghetto di Ganzirri. Con la solita buona volontà, i corridori s’assogget-tarono alla nuova fatica e, nuovamente, Bobet, quasi a riscattare la sconfitta di Cosenza, impartì un’ulteriore lezione di ciclismo motorizzato ai suoi avversari. Di nota, in questo conclusivo episodio della pesante giornata, il secondo posto di Nencini, il quale, sfatando la sua non fulminea qualità dietro motori, approfittando della sfortuna di Tosato, costretto a fermarsi per cambiare ruota, conquistò pure il secondo posto in classifica.
Ordine d’arrivo:
1° Louison Bobet (Fra) km 29 alla media di 63,240 kmh; 2° Gastone Nencini a 2″; 3° Armando Pellegrini a 59″; 4° Bruno Monti a 1’28″; 5° Jozef Plankaert (Bel) a 2’02”; 6° Arrigo Padovan a 2’05”; 7° Alfredo Sabbadin a 2’11”; 8° Charly Gaul (Lux) a 2’20’ ; 9° Miguel Poblet (Esp) a 2’32” 10° Carlo Azzini a 2’47”.
Classifica generale dopo la quinta giornata:
1° Louison Bobet (Fra) in 30h26′; 2° Gastone Nencini a 6’41; 3° Mario Tosato a 6’42”; 4° Armando Pellegrini a 6’47”; 5° Jos Hoevenaers (Bel) a 7’43″: 6° Bruno Monti a 9’49”; 7° Miguel Poblet (Esp) a 10’23”; 8° Arnaldo Pamblanco a 12’56”; 9° Jozef Plankaert a 13’06”; 10° Carlo Azzini a 18’24”.
Settima tappa: Messina-Catania Partenza fulminea da Messina, sul filo dei 40 all’ora, per iniziativa di Hoevenaers, poco dopo imitato da Fornara e poi da Fallarini. Ogni volta però, “re” Bobet, ristabilì il contatto. Poco prima di Acireale un fatto che creò un brivido alla corsa: a causa della catena che gli si impigliò fra il mozzo e la forcella, il dominatore francese, fu costretto a metter piede a terra. In quei trenta secondi di fermata, il gruppo, che in quel momento era lanciatissimo sulle piste di uno scatenato Hoevenaers, si allontanò di quattrocento metri. Scoppiata la bagarre, i meno in forze perdettero subito terreno, e furono distanziati. Fuggendo come dannati, diciannove uomini si ritrovarono in testa, fra i quali Poblet, Hoevenaers, Fallarini, Ronchini, Fornara, Catalano, Nencini, Planckaert e altri. C’era pure Gaul, ma non Baldini, rimasto nel gruppo degli inseguitori capeggiato da Bobet, da suo fratello Jean e dal suo compagno di squadra Gouget. L’episodio che avrebbe potuto avere spiacevoli conseguenze per il “re” francese, terminò tuttavia nel migliore dei modi per lui, giacché il minuto circa di distacco controllato all’ottantesimo chilometro, andò gradatamente diminuendo, fino a scomparire a otto chilometri da Catania. Col fiato grosso, ma salvo, Bobet riprese il suo posto d’avanguardia. Immediatamente dopo il rientro del francese e dei suoi compagni sui diciannove, dal gruppo fuggirono Giuseppe Fallarini e Mario Zocca, che entrarono sul circuito “motorizzato” con 1’06”, davanti al grosso in lunga fila. La lotta per le prime posizioni non durò a lungo. Già al secondo passaggio Nencini, che aveva fatto tesoro dell’arrivante esperienza dietro moto, dimezzò il ritardo dal primo, che era nel frattempo divenuto Fallarini, e s’avvicinò a Zocca che, poi, superò nel giro successivo. Al terzo passaggio le posizioni furono: Fallarini, a 19″ Nencini, a 25″ Zocca, a 30″ Bobet, a 33″ Pellegrini, seguito da Planckaert, Hoevenaers e Poblet. Nella successiva tornata, il toscano raggiunse e superò il novarese, con Bobet a 16 secondi. Poi Fallarini crollò (terminerà 26°), mentre il francese rimase costantemente in vista di Nencini, con un distacco che, dagli 11″ del terzo giro, salì ai 23” del traguardo finale. Per Nencini, che in quell’edizione aveva più volte brontolato con gli organizzatori, quella vittoria fu una prova della sua completezza.
Sul vincitore.
Nato a Bilancino di Barberino sul Mugello (Firenze) l’11 febbraio 1930, deceduto a Firenze l’1 febbraio 1980. Passista scalatore. Professionista dal 1954 al 1965 con 25 vittorie. Gastone Nencini merita un posto al sole nella storia ciclistica italiana sia per il valore del suo palmares e sia per le sue qualità, alcune addirittura da eleggersi a personaggio in grado di far scendere in campo la letteratura. Un giorno alla partenza di una tappa del Tour, Jacques Goddet, andò in cerca del CT Binda affinché portasse a Nencini la sua ammirazione per averlo visto il giorno prima cadere e raggiungere il traguardo in condizioni da ospedale. “Di certo si sarà ritirato”- disse il patron ad Alfredo, ma costui non fece in tempo a rispondergli qualcosa che fra la ressa della partenza facendosi largo a spallate arrivò il protagonista. Certo, un uomo che sembrava un insieme di cerotti e pezze, che non poteva parlare per un labbro gonfio e l’ennesimo cerotto appiccicato. Brontolava, ma si capiva cosa voleva fare e Goddet, ammirato come non mai, lo vide partire. Non solo, ma nel tardo pomeriggio, constatò quanto il votato all’ospe-dale, fosse il primo a passare il traguardo. Potremmo dire che Gastone Nencini stia tutto in questo episodio. Un incredibile combattente dalla scorza di ferro. Un volto da medaglia greca ed un corpo che dell’an-tica olimpia richiamava l’essenza. Un toscano nell’a-nagrafe e nella sostanza della tenacia, ma anomalo nel comportamento perché di poche parole. Uno che amava la vita e che non se la privava per correre: c’era spazio per il Chianti e le sigarette. Sincero fino al midollo, rude nel tratti ma con un cuore grande, sempre capace di soffrire in silenzio e rinascere dopo le tante mazzate che subì. Scelse il ciclismo perché poteva essere un mestiere in grado di dargli quelle risorse che il calcio, il suo primo sport, annunciava come chimera. Già perché Gastone era il portiere del Barberino, ma sapeva che non c’erano quattrini all’orizzonte. Così facendo i lavori più umili e di circostanza mise da parte i soldi per comprarsi la bicicletta da corsa e vinse pure l’ostilità del padre che non voleva praticasse quello sport. Gastone vinceva e il papà si doveva per forza quietare. Da dilettante trentacinque successi, un posto in Nazionale ai mondiali di Varese e di Lussemburgo, nel 1951 e nel 1952. Il suo miglior risultato nel 1953, alla rassegna iridata di Lugano, dove finì secondo, quando sarebbe attivato primo se il compagno Filippi non lo avesse inseguito e battuto in volata nella volata a due. Terzo arrivò un certo Van Looy….. “Ed ora che fò?” – parve chiedersi Gastone. Lo consigliano di passare professionista e passò nel 1954. Una stagione appena discreta, con un primo posto nel Gran Premio Porretta. Come 1’anno si chiuse, Nencini non trovò lavoro. Nessuno si interessava al toscano di Barberino, poi grazie anche a Bartali che aveva capito quanto Gastone fosse bravo, arrivò l’ingaggio della Chlorodont, ma col patto che facesse il gregario. Nencini accettò: in fondo anche così avrebbe potuto rimediare la pagnotta. Giunse il Giro d’Italia e Gastone senza disturbare i compagni vinse la tappa di Roma, poi quella di Scanno e si trovò maglia rosa vero la fine della corsa. Il trionfo pareva a portata di mano. Alla penultima tappa, il Giro doveva transitare per una strada dannata, con ciottoli e ghiaia. Coppi e Magni, lo sapevano, stanno all’erta e vanno in fuga. Nencini li segue, ma buca e gli altri vanno dritto, lui deve aspettare il cambio e si cuoce. Finì terzo, con tante lacrime, nonostante il suo carattere metallico. Ma il grande Giro svolto, fece capire a tutti che era un campione e la sua carriera cambiò. Già ai mondiali di Frascati l’olimpo ciclistico lo annotò ancora: finì terzo. Nel 1956 vinse una tappa al Giro, la tappa di Parigi al Tour e la Tre Valli Varesine. Sempre più solido al ruolo di vedette nel ’57 s’aggiudicò i1 Giro della Calabria, poi, al Giro d’Italia, gli giunse una rivincita sulla sorte. Nel duello fra Bobet e Gaul col lussemburghese netta maglia rosa, capitò quello che nessuno s’aspettava. Charly si fermò a far pipì e il gruppo con Bobet in testa iniziò a correre a più non posso. Nencini seguì il transalpino e Gaul tramontò proprio in quella tappa che si concludeva su quel Bondone che l’anno prima l’aveva eletto leggenda. Nencini vinse per pochi secondi (diciannove) il Giro, controllando Bobet, con l’aiuto stesso di Charly. “Io non potevo vincere, ma Nencini era più meritevole di Luison e fu per me una piccola consolazione la sua vittoria” – mi disse tanti anni dopo Gaul. Il toscano di Barberino andò poi al Tour raccogliendo i successi di tappa nelle prestigiose Briancon e Pau e conquistò la classifica del Gran Premio della Montagna. Insomma un protagonista anche se finì sesto. Nel 1958 finì quinto al Giro ma vinse le frazioni di Roma e di Trento. Quinto pure al Tour con la vittoria di tappa a Gap. L’anno successivo parve in declino, ma vinse una tappa del Giro d’Italia e una al Gran Premio Ciclomotoristico. Invece, quel 1960 che poteva sancire la sua china pendente, divenne il suo anno d’oro. Aprì la stagione con la vittoria nel Gran Premio di Nizza. Al Giro finì secondo per soli 28” di ritardo da Jacques Anquetil.
Andò al Tour per rifarsi e recitò perfettamente il copione d’obiettivo. Già maglia gialle fin dalla prima tappa al secondo giorno, dopo averla persa, la riconquistò alla decima frazione e la tenne fino al traguardo finale. Il suo avversario più pericoloso, il francese Riviere, per seguirlo in discesa dove Nencini era un asso, finì in un burrone fratturandosi la spina dorsale. Dunque un Giro e un Tour ed una doppietta nello stesso anno mancata per soli 28”. Dopo quei fasti, l’inesorabile declino, complici condizioni fisiche che ebbero giornate tristi. Gastone arrivò fino al 1965, rendendosi utile ai più giovani ed insegnando loro a non mollare mai. Poi, agli inizi del 1980, un male incurabile stroncò, la sua fortissima tempra.
Ordine d’arrivo:
1° Gastone Nencini km 129,2 in 3h04’40” alla media di 41,978 kmh; 2° Louison Bobet (Fra) a 23″; 3° Alfredo Sabbadin a 26″; 4° Armando Pellegrini a 42″; 5° Jos Hoevenaers (Bel) a 1’15″; 6° Miguel Poblet (Esp) a1’17”; 7° Jozef Planckaert (Bel) a 1’22″; 8° Mario Tosato a 1’35′; 9° Carlo Azzini a 1’42″; 10° Arnaldo Pambianco a 1’45″.
Classifica generale dopo la sesta giornata:
1° Louison Bobet (Fra) in 33h31’07”; 2° Gastone Nencini a 6’08”; 3° Armando Pellegrini a 7’06”; 4° Mario Tosato a 8’04”; 5° Jos Hoevenaers (Bel) a 8’35”; 6° Miguel Poblet (Esp) a 11’17”; 7° Bruno Monti a 12’06”; 8° Jozef Planckaert (Bel) a 14’01”; 9° Alfredo Sabbadin a 14’10”; 10° arlo Azzini a 14’13”.
Ottava tappa: Catania-Caltagirone Alla partenza da Catania, vista la vittoria scontata di Bobet, l’osservatorio s’abban-donò a domande e considerazioni sul vicino futuro. Tanto più di fronte ad un colpo di scena: Ercole Baldini, il Campione del Mondo, dopo giorni di tribolazioni, non ce la fece più dal dolore e si ritirò. Ci si chiedeva come avrebbe potuto partecipare al Giro d’Italia, distante solo 11 giorni, in quelle condizioni. Su Bobet, invece, si venne a sapere che aveva troncato le trattative per correre la Corsa Rosa e questo fatto, per molti, significava che Anquetil sarebbe stato presente al Giro. Chi invece, alla grande prova della Gazzetta, sarebbe stato sicuramente ai nastri era Charly Gaul, in rodaggio silenzioso e sbuffante, proprio al Ciclomotoristico. Bene, l’Angelo della Montagna, per dimostrare che c’era e che si stava solo allenando diede un colpo poco più di due ore dopo. S’arrivava sull’erta di Caltagirone e lui che fece? Rinvenne a velocità doppia su un drappello di fuggitivi, li staccò e vinse la frazione. E perbacco! Era lui l’Angelo della Montagna e nessuno se lo doveva dimenticare.
Sul vincitore
Sull’amico Charly Gaul posterò quantoprima l’intero percorso di carriera e non solo, nel thread sui ritratti dei corridori ritirati. Per ora solo una delle tante foto che l’hanno immortalato “nell’esercizio delle sue funzioni di Angelo della Montagna”.
Ordine d’arrivo:
1° Charly Gaul (Lux) km 73,5 in 2h09’07”alla media 34,186 kmh (abbuono di 40” per GPM); 2° Antonino Catalano a 12” (abbuono di 15” per GPM); 3° Norbert Kerckhove (Bel) a 24”; a distacchi maggiori, 4° Wilfried Thaler (Aut); 5° Adriano Zamboni; 6° Miguel Poblet (Esp); 7° Diego Ronchini; 8° Jos Hoevenaers (Bel); 9° Erwin Schweitzer (Sui); 10° Alfredo Sabbadin.
Nona tappa: Caltagirone-Siracusa Dopo il solito frugale pasto e coi tempi limite per digerire, i corridori partirono per Siracusa. Gli inizi di tappa furono all’insegna della noia, o forse in gruppo, si discuteva con relativi timori annessi in previsione del Giro d’Italia, sulla sparata di Charly Gaul, poche ore prima. A rompere la monotonia o la silenziosa marcia di trasferimento ci pensò dapprima Fini, indi su di lui si portarono Ronchini e Baffi. I tre non andarono lontano, perché, evidentemente, a Bobet la fuga non andava bene. Pierino Baffi però, ci provò ancora, stavolta col romano Fabbri. Il francese stufo di inseguire lasciò fare, ed i due giunsero all’aggancio con le Lambrette con un vantaggio tale da circoscrivere i possibili vincitori di tappa a loro stessi. Il tratto finale motorizzato esaltò le doti velocistiche del cremonese Baffi, che andò a vincere con quasi due minuti sul compagno d’avventura, mentre dietro, Bobet, regolò per l’ennesima volta i migliori, classificandosi terzo.
Sul vincitore.
Pierino Baffi nacque a Vailate (CR), il 15 settembre 1930. Deceduto a Bergamo il 27 marzo 1986. Passista veloce, alto m. 1,73 per kg 77. Professionista dal 1953 al 1965, complessivamente ha ottenuto 65 vittorie. Pierino Baffi nacque lo stesso giorno di Coppi, ed anche se non è stato grande come il Campionissimo, ha comunque lasciato una profonda traccia del suo passaggio su questo sport. Di Baffi, tutti i più giovani riconoscono Adriano, ma il di questi padre, è stato più tangibile e completo. Potremmo dire, senza ingigantirne le essenze, che Pierino era un campione, uno che partendo per generosità interiore e per epoca dal ruolo di gregario, di Magni prima, Nencini e Pambianco poi, ha saputo ritagliarsi uno spazio di grande evidenza nel ciclismo della seconda metà degli anni ’50 e del primo lustro della decade successiva. Uno dei pochi, in assoluto, ad aver vinto più volte tappe al Giro, al Tour e alla Vuelta. Pierino Baffi, era un predestinato alla vittoria nelle tappe facili dei giochi coi “quarcì” (coperchini o, come dicono oggi, ciclotappo) di chi scrive, ed era troppo popolare qua in Romagna, avendo militato nella Ghigi, per non influenzare i bimbi di quella generazione, più o meno tutti assetati di ciclismo. un bimbo assetato di ciclismo come me. Prima di portare il ruolino completo di questo corridore, a cui la cittadina di Crema, ha voluto intitolargli il proprio velodromo, le parole che su di lui ci disse uno che lo conosceva bene, Luciano Pezzi, direttore sportivo di Pierino, proprio alla Ghigi: “Era una persona pratica, ma di grande generosità. Proprio per questo, ha vinto di meno di quello che poteva vincere. Lo ricordo per il suo largo sorriso, non molto frequente e per quei segni di sofferenza provenienti dalla fatica di questo sport, ma anche dalla consapevolezza che la vita non ti regala niente, se non meriti”.
Tutte le sue vittorie.
1953: tappe di Brindisi, Lecce e Barletta al Goro di Puglia e Lucania. 1954: GP Paganini (Cremona); Prova del Campionato Italiano Indipendenti ad Abbiategrasso; Coppa Provincia di Bergamo; Circuito di Rivarolo. 1955: tappa di Barcellona alla Vuelta di Spagna; tappa di Valencia alla Vuelta di Spagna; tappa (cronosquadre) Coppa Provincia di Bergamo; Coppa Gennari Schievenoglia; GP Livraga; GP Rivarolo; Coppa Tessile a Busto Arsizio – Circuito di Roccabianca. 1956: tappa di Alessandria al Giro d’Italia; Giro di Romagna; Milano Vignola; Circuito di San Pellegrino. 1957: tappa di Besancon al Tour de France; tappa di Bordeaux al Tour de France. 1958: tappe di Rojan, di Beziers al Tour de France e di Parigi al Tour de France; tappe di Saragozza e di Gijon alla Vuelta di Spagna; tappa di San Benedetto del Tronto al Giro d’Italia; Circuito di Lecco; Circuito di San Daniele Po; Circuito di Valeggio; Circuito di Cesano Maderno, Circuito di Cremona. 1959: tappa di Firenze alla Mentone–Roma; Milano-Mantova; tappa Siracusa al GP Ciclomotoristico; Circuito di Acqui Terme – Circuito di Rho. 1960: tappa di Rimini al Giro d’Italia; tappa di Pescara al GP Ciclomotoristico; Giro dell’Emilia; Troffeo Fenaroli a Milano; Circuito di Cicognara. 1961: tappa di Roma alla Mentone-Roma; tappa di Campobasso alla Tre Giorni del Sud; GP Faema Chignolo Po; Circuito di San Daniele; Circuito di Lavis; Circuito di Bordighera. 1962: Trofeo Matteotti Pescara; Coppa Bernocchi; Prova del Trofeo Cougnet di Mantova; Circuito di Lanciano. 1963: tappa Bari al Giro d’Italia; Trofeo Matteotti Pescara; Criterium del Lussemburgo; 1a e 4a tappa del Giro del Lussemburgo; Circuito di Corsico; Circuito di Novi Ligure; Circuito di Sacconago; Circuito di Milano. 1965: Circuito di Solesino; Circuito di Stazzano; Circuito di Casale.
I suoi migliori piazzamenti.
1954: 2° tappa Brescia (Giro d’Italia). 1955: 2° tappa Cervia (Giro d’Italia); 2° Giro del Veneto; 2° Coppa Agostoni. 1956: 2° tappa di Gap (Tour de France); 2° tappa Grosseto (Giro d’Italia); 2° Trofeo Fenaroli; 3° Coppa Bernocchi. 1957: 2° Trofeo Matteotti Pescara; 3° tappa St. Gaudens (Tour de France); 3° tappa Verona (Giro d’Italia). 1958: 2° tappa Dunkerque (Tour de France). 1959: 3° Giro di Campania; 3° G.P. Industria Commercio Prato. 1960: 2° tappa Carrara (Giro d’Italia); 2° Milano – Mantova; 3° Giro di Campania; 3° Giro della Provincia di Reggio Calabria. 1961: 2° Milano-Mantova; 3° Giro del Lazio; 3° Giro di Campania. 1962: 3° tappa Saint Nazaire (Tour de France). 1963: 2° Giro di Romagna; 2° Giro di Campania.
In carriera Pierino Baffi ha partecipato a 12 Giri d’Italia di cui 11 portatoi a termine, con miglior piazzamento nel ’56, 16°. È stato al via 6 volte al Tour de France, arrivando sempre al traguardo finale, col miglior piazzamento nel ’57, 23°. Ha poi corso 2 Vuelta di Spagna finendole entrambe, con miglior piazzamento nel ’55, 27°. È stato azzurro 3 volte ai Mondiali, a Copenaghen ’56 (17°), Waregem ’57 (30°), Salò’62 (ritirato). Ha corso per 1954 Nivea Fuchs, Bif, Chlorodont, Ignis, Fides, Ghigi, Molteni e Bianchi Mobylette.
Ordine d’arrivo:
1° Pierino Baffi km 126,25 in 3h18’28” alla media di 38,167 kmh; 2° Nello Fabbri a 1’51”; 3° Louison Bobet (Fra) a 6’49”; 4° Gastone Nencini a 6’57”; 5° Alfredo Sabbadin a 7’17”; 6° Bruno Monti a 7’43”; 7° Armando Pellegrini a 7’59”; 8° Miguel Poblet (Esp) a 8’03”; 9° Jos Hoevenaers (Bel) a 8’07”; 10° Jozef Planckaert (Bel) a 8’20”.
Classifica generale dopo la settima giornata:
1° Louison Bobet (Fra) in 39h05’15”; 2° Gastone Nencini a 6’26”; 3° Armando Pellegrini a 8’26”; 4° Jos Hoevenaers (Bel) a 10’03”; 5° Mario Tosato a 12’27”; 6° Miguel Poblet (Esp) a 12’13”; 7° Bruno Monti a 13’15”; 8° Jozef Planckaert (Bel) a 14’45”; 9° Alfredo Sabbadin a 14’56”; 10° Carlo Azzini a 16’31”.
![[Immagine: Bobet%20bicicletta_zpsrxd2bdjh.jpg?t=1546353666]](http://i1161.photobucket.com/albums/q504/ilnuovociclismo123/Bobet%20bicicletta_zpsrxd2bdjh.jpg?t=1546353666)
Luison Bobet prepara la bici per gli ultimi acuti.
Decima tappa: Siracusa-Gela I 147 Km della frazione mattutina del penultimo giorno di gara, per la prima metà furono percorsi dal gruppo dei quaranta partiti da Siracusa, a passo turistico. Neanche la breve fermata di Nencini, caduto senza conseguenze, salvo una contusione di poco conto alla mano destra, era stata sufficiente per ravvivarla. Al toscano, scortato dai da Maule, Brandolini e Planckaert, bastarono pochi chilometri per riprendere il suo posto nel plotone. Fu entrando a Modica, al km 75, per la strada in salita, che Catalano prese il largo, subito seguito e raggiunto da Fornara, e da quel punto, i due proseguirono da soli, per i rimanenti 70 Km e rotti che mancavano a Gela. A Ragusa, al km 88, dove era posto l’ultimo GPM con gli abbuoni da spartirsi, i due fuggitivi, il piemontese in testa, ed il siciliano a pochi metri, avevano portato a 2’15” il loro vantaggio sugli inseguitori. Da quel momento, tale scarto, andò continuamente aumentando, fino a diventare 4 minuti e mezzo a 30 Km dal traguardo. Qui, cominciò una specie di reazione da parte dei cosiddetti inseguitori. Il gruppo si ruppe in vari tronconi, la velocità aumentò e da quella tardiva reazione si avvantaggiarono l’austriaco Christian, l’elvetico Schweizer e Zocca. I due fuggitivi intanto, iniziarono a battersi per il primo posto e nella conseguente volata finale, Fornara vinse facilmente sul combattivo siculo.
Sul vincitore.
Nato a Borgomanero il 29 marzo 1925, ed ivi deceduto il 24 luglio 1990. Alto m. 1,75 per kg. 69. Professionista dal 1949 al 1961 con 26 vittorie. Passista scalatore di gran classe. Un passo agile, leggero, elegante, sicuramente tra i più belli degli anni ’50 e non solo. Dopo un buon rodaggio fra i dilettanti, l’Avvocat Eberardo Pavesi, lo fece passare nel 1949 fra i prof della Legnano, ma il rapporto col celebre timoniere non durò molto. Pavesi lo vedeva come gregario dei tanti passisti veloci della squadra, mentre Fornara sapeva bene di valere molto di più. Nel 1951 emigrò nella grande rivale della sodalizio rossoverde, ovvero la Bianchi, ma anche lì il matrimonio durò pochissimo. L’esplosione nel ’52, col passaggio alla Bottecchia, che gli diede fiducia, e lui ripagò il sodalizio con la vittoria nel primo dei suoi 4 Giri di Svizzera vinti (gli altri nel ’54, ’57, ’58). Nacque lì il Fornara atteso nelle grandi corse a tappe, che diventava svizzero, perché in terra elvetica sfiorava la perfezione e che poteva fare tutto, dal tentare di vincere quelle corse durissime, all’aiutare i compagni di nazionale o di club. Una ruota nobile, che passò gli ultimi 3 anni di carriera a fare da spalla a due dei più grandi scalatori della storia, Charly Gaul e Federico Bahamontes. Tutte le sue vittorie. 1949: Giro dei Tre Mari a tappe. 1950: Milano-Modena; Circuito Bressana. 1952: tappa Saint Vincent (Giro d’Italia); Giro di Svizzera (classifica finale); tappa Crans (Giro della Svizzera); tappa Arosa (Giro della Svizzera); Sierre-Montana; Criterium Sierre. 1953: tappa Rimini (Giro d’Italia); G.P. Svizzero (cron.); Circuito Salò. 1954: Giro di Svizzera (classifica finale). 1955: tappa Ravenna (cronometro) (Giro d’Italia); Circuito Maggiora. 1956: Giro Romandia; tappa Boncourt (Giro di Romandia); Circuito di Omegna; tappa Lucca (Giro d’Italia); Circuito Grigiore. 1957: Giro di Svizzera; tappa Berna (Giro della Svizzera). 1958: Giro di Svizzera; tappa Soletta (Giro della Svizzera); tappa Locamo (Giro della Svizzera). 1959: tappa Gela (G.P. Ciclomotoristico).
Ordine d’arrivo:
1° Pasquale Fornara km 151 in 4h09’17” alla media di 36,271 kmh; 2° Antonino Catalano; 3° Adolph Christian (Aut) a 3’23”; 4° Erwin Schweitzer (Sui) a 3’25”; 5° Zucca a 4’31”; 6° Wilfried Thaler (Aut) a 5’03”; 7° Jos Hoevenaers (Bel) a 6’11” 8° Giacomo Fini a 6’17” a seguire tutto il gruppo, esclusi Fallarini e Baffi.
Undicesima tappa: Gela-Agrigento A Gela, i corridori si fermarono un paio d’ore, giusto il tempo per lavarsi farsi massaggiare un poco e consumare un pranzo veloce. Alla nuova partenza, stavolta verso i templi di Akragas, non si presentò Arnaldo Pambianco, sofferente d’una infezione cutanea all’inguine.
La corsa si risolse in una passeggiata a passo turistico, lungo l’incantevole strada che dapprima costeggia lo “storico” litorale fra Gela e Licata e che poi s’orienta verso l’altura dove troneggiano le case bianche di Agrigento, a picco sulla verde e solenne Valle dei Templi. Alla fine della manciata di chilometri della salita che conduce alla località d’arrivo, in testa si formò un gruppetto composto da Poblet, Kerkhove, Gaul, Azzini e Bobet, seguiti a ridosso dal gruppo. Gli ultimi 500 metri tornati in pianura, consentirono il ritorno del grosso, ma furono pure teatro, per dar spago alle superiori doti velocistiche di Poblet che andò a vincere su Maule e Bobet.
Ordine d’arrivo:
1° Miguel Poblet (Esp) km 80,9 in 2h35’55”, alla media di 33,307 kmh; 2° Cleto Maule; 3° Louison Bobet (Fra), 4° Norbert Kerckhove (Bel), quindi a seguire tutto il gruppo con lo stesso tempo del vincitore.
Classifica generale dopo la ottava giornata:
1° Louison Bobet (Fra) in 39h05’15”; 2° Gastone Nencini a 6’26”; 3° Armando Pellegrini a 8’26”; 4° Jos Hoevenaers (Bel) a 10’03”; 5° Mario Tosato a 12’27”; 6° Miguel Poblet (Esp) a 12’13”; 7° Bruno Monti a 13’15”; 8° Jozef Planckaert (Bel) a 14’45”; 9° Alfredo Sabbadin a 14’56”; 10° Carlo Azzini a 16’31”.
Classifica Finale del Gran Premio della Montagna:
1° Louison Bobet (Fra) punti 17; 2° Antonino Catalano punti 14; 3° Jos Hoeve-naers (Bel) punti 13; 4° Ronchini e Gaul punti 5; 6° Pambianco e Fornara punti 4; 8° Pellegrini, Kerckhove e Thaler punti 3, 11° Monti punti 2; 12° Reitz e Zamboni 1.
Dodicesima tappa: Agrigento-Palermo La tappa conclusiva, portava la corsa dal Canale di Sicilia al Tirreno, tagliando l’isola a metà, attraverso aspre giogaie di monti. Poteva essere un’occasione non già per la vittoria finale, da tempo nelle mani di Bobet, quanto per andare a vincere su un traguardo di nota, quale è sempre l’ultimo. Invece fu l’ennesima dimostrazione di forza del francese che andò al traguardo dopo una fuga solitaria durata oltre 50 chilometri, confermata pure dalla migliore velocità raggiunta sul circuito finale dietro Lambrette.La trionfale accoglienza che la grandissima folla tributò al francese dopo l’arrivo, coronò la meritoria impresa di un vero campione, che aveva dominato ogni attimo dei nove giorni di gara.
Ordine d’arrivo:
1° Louison Bobet (Fra) km 161 in 4h20’42” alla media di 37,054 kmh; 2° Alfredo Sabbadin a 36”; 3° Gastone Nencini a 1’15”; 4° Armando Pellegrini a 1’42”; 5° Jos Hoevenaers (Bel) a 1’47”; 6° Miguel Poblet (Esp) a 1’50”; 7° Jozef Planckaert (Bel) a 2’17”; 8° Mario Tosato a 2’30”; 9° Diego Ronchini a 2’55”, 10° Norbert Kerckhove (Bel) a 2’57”.
Classifica Generale Finale:
1° Louison Bobet (Fra) in 50h08’26”; 2° Gastone Nencini a 7’41”; 3° Armando Pellegrini a 10’18”; 4° Jos Hoevenaers (Bel) a 11’14”; 5° Miguel Poblet (Esp) a 14’33”; 6° Mario Tosato a 14’37”; 7° Alfredo Sabbadin a 15’32”; 8° Bruno Monti a 16’45”; 9° Jozef Planckaert (Bel) a 18’; 10° Carlo Azzini a 19’37”; 11° Diego Ronchini a 25’17”; 12° Charly Gaul (Lux) a 26’29”; 13° Antonino Catalano a 30’26”; 14° Norbert Kerckhove (Bel) a 32’11”; 15° Frantz Reitz (Ger) a 32’31”; 16° Nello Fabbri a 32’56”; 17° Fernando Brandolini a 38’23”; 18° Adolph Christian (Aut) a 38’31”; 19° Jean Bobet (Fra) a 40’06”: 20° Cleto Maule a 40’26”.
![[Immagine: Bobet%20rullo_zpsm8zchlps.jpg]](http://i1161.photobucket.com/albums/q504/ilnuovociclismo123/Bobet%20rullo_zpsm8zchlps.jpg)
Il trionfatore del GP Ciclomotoristico 1959 in azione al rullo della Lambretta pilotata da Lorenzetti, durante la tappa inaugurale di Napoli.
Maurizio Ricci detto Morris