Trentaseiesima Edizione 30/04-06/05 1958
La concomitanza con la Vuelta di Spagna e la proibizione degli ingaggi imposta dalle Federazioni e dall’UCI, per taluni osservatori, rappresentavano motivi sufficienti per dire che il “Ciclomotoristico” edizione 1958, nasceva sotto una cattiva stella. Invece, gli organizzatori del Corriere dello sport, grazie ad un notevole aumento dei premi, che ammontavano nel totale ad oltre 12 milioni, circa 350 mila euro odierni, riuscirono ugualmente ad imbastire un cast di assoluto pregio mondiale. Quarantadue corridori, in rappresentanza di sette nazioni, per una formula che, pur suscitando perenni critiche in una parte dell’osservatorio italiano, vedeva invece aumentare gli interessi in ambito internazionale e faceva divenire il Ciclomotoristico, una manifestazione che assumeva le funzioni, vere e proprie, di un Giro d’Italia formato ridotto, riservato al pubblico del meridione, ricco, più di ogni altro, di entusiasmo e di curiosità per i personaggi del ciclismo. Undici tappe per sette giorni di gara e complessivi 1450 chilometri da compiere in linea, a cui andavano ad aggiungersi i 219, 3 km da percorrere dietro motoscooter. Un percorso ondulato, con salite numerose anche se solo 5 valevoli per la classifica del Gran Premio della Montagna. In altre parole, una corsa a tappe coi fiocchi che copriva le funzioni di gara a sé di pregio e, per taluni atleti, una alternativa eccellente, per raggiungere lo stato di forma ottimale in vista del Giro d’Italia. L’itinerario prevedeva sedi di tappa in Roma, Campobasso, Foggia, Bari; quindi Brindisi, Lecce, Taranto, Potenza, Castellammare di Stabia, Caserta e, ancora Roma, per l’apoteosi finale. Poblet, Baldini, Maser, Wagtmans, Sabbadin, Fallarini, Monti, Koblet, Albani, Van Est, Schils Bover ed Hoevenaers i più attesi, ben sapendo che una corsa come il Ciclomotoristico era terreno ideale per le sorprese. Ciononostante, dal mazzetto dei corridori più prestigiosi, per le caratteristiche della prova e per la condizione dimostrata nelle gare di avvicinamento, Poblet, Monti e l’olandese Wagtmans, vincitore uscente, si facevano preferire nei pronostici. All’ultimo momento si registrò la defezione di Guido Messina perché ammalato, che fu sostituito dall’Olimpionico di Melbourne su pista, Tonino Domenicali.
![[Immagine: Manifesto%201958_zpsqrqiudvy.jpg?t=1546252669]](http://i1161.photobucket.com/albums/q504/ilnuovociclismo123/Manifesto%201958_zpsqrqiudvy.jpg?t=1546252669)
Il manifesto dell’edizione 1958
Prima tappa: Roma-Campobasso La prima tappa non registrò fasi ricche di grande interesse, anzi, visse senza scosse, tranquilla e sonnolenta, per oltre 130 km. Poi, quando la strada iniziò a salire diretta verso Passo Annunziata, dove era fissato un traguardo della Montagna si avvantaggiò lo scalatore abruzzese Silvestro La Cioppa. Sulla vetta l’allievo di Bartali alla San Pellegrino, transitò al comando con un leggero vantaggio su tutti gli altri, ma nel plotone non c’erano Poblet, che era ruzzolato e stava inseguendo, e Koblet, in crisi. La Cioppa fu presto ripreso e la gara si riaddormentò. Lo sprint di Isernia, al km 179, valevole come traguardo volante, fu vinto da Poblet, che era rientrato e che volle dimostrare quanto stesse bene. Poi attaccarono Ranucci ed Azzini, ma a poco dall’aggancio con gli scooter, il laziale mollò e su Azzini, si portò come un falco il belga Hoevenaers. I due arrivarono all’appuntamento con gli allenatori a motore, per gli ultimi 15,6 chilometri con una manciata di secondi sul gruppo. L’abitudine al particolare genere di corsa, selezionò in un batter d’occhio gli uomini in corsa: scomparve Azzini, tenne duro Hoevenaers, si fecero luce alle spalle, Poblet e Baldini. Ma, mentre “Don Miguel” continuò ad insistere nell’azione, Baldini alzò presto bandiera bianca. La frazione fu di Poblet: al terzo degli otto giri in tabellone, lo spagnolo piombò su Hoevenaers, per poi staccarlo senza trovare eccessiva resistenza. E nessuno dalle retrovie spuntò per cercare di sbarrargli il cammino verso il trionfo.
Ordine d’arrivo:
1° Miguel Poblet (Esp) km 256,6 in ore 7,3S’12” alla media di 33,619 kmh; 2° Jos Hoevenaers (Bel) a 24″; 3° Aldo Moser a 53″; 4° Giuseppe Fallarini a 1’09”; 5° Miguel Bover (Esp) a 1’45”; 6° Wout Watgmans (Ned) a 1’52”; 7° Franz Reitz (Ger) a 2’05”; 8° Diego Ronchini a 2’11”; 9° Carlo Azzini a 2’15”; 10° Silvano Ciampi a 2’19”; 11° Pierre Gouget (Fra) a 2’23”; 12° Ercole Baldini a 2’30”.
Seconda tappa: Campobasso-Foggia Una crisi di Poblet sulle montagne del Molise, propose tutti gli interrogativi della vigilia, perché Fallarini, Moser, Sabbadin e Boni, diedero battaglia e costrinsero il favorito spagnolo a mangiare tanta, tanta polvere. Il capitano dell’Ignis, fu costretto a cedere la Maglia Rosso-Oro a Fallarini, che, sugli attaccanti, riuscì poi a prevalere. Per gli italiani, debellato definitivamente il pericolo rappresentato da Poblet, s’affacciò quello del belga Hovenaers, che si dimostrò abile, tenace, resistente.
Sul vincitore.
![[Immagine: 14181443261453FALLARINIGiuseppe58.jpg]](http://www.dewielersite.net/db2/wielersite/beeldbank2014/14181443261453FALLARINIGiuseppe58.jpg)
Nato a Vaprio d’Agogna (Novara) il 4.maggio 1934. Corridore completo, alto 1,73 metri per kg 69. Professionista dal 1956 al 1964 con 11 vittorie. Corridore combattivo, con mezzi eccellenti, che non ha tradotto sul palmares quanto si poteva prevedere. Una buona carriera comunque, la sua. Ottimo dilettante, nel 1955 fu azzurro ai primi Giochi del Mediterraneo, dove vinse la prova in linea e, poi, ai Mondiali di Frascati, dove giunse settimo. Passò professionista l’anno successivo e, subito colse un paio di vittorie che confermavano il suo talento: la seconda e la terza tappa del Giro d’Europa, la Fiume-Udine e la Udine-Trento. Poi una flessione, fra sfortuna e amnesie, ma con tanti piazzamenti. Per ritrovarlo vincente bisognerà giungere a fine aprile ’58, quando vinse a Sarzana, superando il suo compagno di fuga Azzini, il GP Ceramisti, valevole per il Trofeo UVI e, soprattutto, due giorno dopo, la tappa di Foggia al GP Ciclomotoristico, manifestazione nella quale fu leader per diversi giorni e che poi chiuse 3°. Nel 1959 fece suo il GP Gran Premio Industria e Commercio e vinse il Circuito di Oleggio. La stagione 1960, fu la sua migliore: vinse due classiche come la Coppa Bernocchi e il Giro del Lazio e poi conquistò il Trofeo UVI. Nel ’61, vinse la terza tappa, una cronoscalata, della Tre Giorni del Sud e, nella stagione successiva, nuovamente il GP Ceramisti. Fu quello il suo ultimo successo. In carriera, è stato azzurro due volte al Tour de France: nel ’58 (si ritirò nel corso della settima tappa) e nel ’59 (giunse fuori tempo massimo nella dodicesima frazione). Ha partecipato a otto Giri d’Italia, chiudendone sette e cogliendo il miglior piazzamento nel 1957, quando giunse 14°. Le sue migliori piazze furono: 2° Giro dell’Emilia (‘’57); 2° nella tappa di Scanno al Giro d’Italia ’58; 3° al Giro del Veneto ’58; 2° nella Coppa Sabatini ’59; 3° nella tappa di Torino al Giro d’Italia ’59 e 2° nella Coppa Agostoni 1961. Corse per Frejus, Asborno, Ignis, Molteni e Cite.
Ordine d’arrivo:
1.Giuseppe Fallarini km 133,8 in 3h34’40” alla media di 37,514 kmh; 2° Aldo Moser a 46″; 3° Alfredo Sabbadin a 48″; 4.Jos Hoevenaers (Bel) a 2’11”; 5° Guido Boni a 2’57”.
Classifica dopo l’arrivo di Foggia:
1° Giuseppe Fallarini; 2° Aldo Moser a 30”; 3° Jos Hovenaers (Bel) a 1’26”; 4° Alfredo Sabbadin a 1’58”; 5° Guido Boni a 4’46”.
Terza tappa: Foggia-Bari La seconda corsa della giornata, sarebbe stata assai monotona, se a Cerignola non fosse uscito dal gruppo l’aretino Bruno Tognaccini, il quale imbastì un tentativo col sapore dell’impresa. Arrivò a Bari solitario, con un vantaggio abissale sugli uomini di punta, che battagliarono nel finale, senza però scavare fra di loro distanze di peso. Tutta un’altra storia rispetto alla frazione del mattino e la classifica di Bari, rispecchiò, praticamente, quella di Foggia.
Sul vincitore.
Nato il 13 dicembre 1932 a Pian di Scò (AR) ed ivi deceduto il 17 agosto 29013. Passista. Professionista dal 1954 al 1960 con 11 vittorie. Gran pedalatore, adattissimo a tenere alto il ritmo di gara, ed a proporre allunghi in grado di sgretolare il gruppo. Anche “finalizzatore”, quando i compiti di gregariato potevano dargli tregua. Fu infatti il ruolo di spalla a caratterizzarne la carriera, onesta e discreta nelle risultanze. Non gli mancava quella caparbietà che, spesso, lo salvava da situazioni in cui per aiutare i capitani, si trovava in debito di energie. Fu un gran dilettante, che emergeva nelle corse più aspre, sapendo tenere bene sulle salite brevi e medie, anche ripetute. Vinse una cinquantina di corse, compreso il duro Giro del Casentino, indi la Coppa Ciuffenna e la Bologna-San Marino. Passò professionista a fine settembre 1953 e fece in tempo a partecipare al Giro di Lombardia dove, da neofita, conquistò un onorevolissimo 14° posto. Nel 1954 colse le sue prime vittorie: la Coppa Valle del Metauro, prima prova Trofeo UVI, il Giro dell’Isola d’Elba, il GP di Livorno, ed il Campionato Toscano Indipendenti. Dopo una stagione 1955 tribolata, in cui comunque si impose nella Coppa Liberazione a Firenze, fu autore di un grande 1956. In maglia Chlorodont, a fianco di Gastone Nencini, partecipò al suo primo Giro d’Italia, ottenendo una splendida vittoria di tappa a Grosseto, contribuendo al successo nella Cronosquadre di Lido Albaro e conquistando un buon 35° posto in classifica. Vinse poi il Trofeo Matteotti e la tappa di Stoccarda al Giro d’Europa. L’anno successivo, sempre con la Chlorodont, partecipò al Giro, fu in Nazionale al Tour de France e, con la squadra di club, corse anche la Vuelta di Spagna. Finì 65° al Giro, si ritirò nel corso della dodicesima tappa al Tour e chiuse 40° la Vuelta, ma in questa grande corsa vinse la tappa di Tortosa. Nel 1958, col successo nella frazione di Bari, al Gran Premio Ciclomotoristico, si conclusero i suoi appuntamenti con la vittoria. Continuò a correre fino al 1962. Fra i suoi migliori piazzamenti, il 3° posto nella Coppa Sabatini ’54; il 3° nella tappa di San Pellegrino al Giro d’Italia ’56, il 2° nella frazione di Innsbruck al Giro d’Europa ’56 e il 3° nella Nizza-Mont Agel ’58.
Ordine d’arrivo:
1° Bruno Tognaccini km 152,5 in 3h.41’52” alla media di 40,950 kmh; 2° Miguel Poblet (Esp) a 7’10”; 3° Jos Hoevenaers (Bel) a 7’13”; 4° Aldo Moser a 7’16”; 5° Giuseppe Fallarini a 7’37”.
Classifica dopo la seconda giornata:
1° Giuseppe Fallarini; 2° Aldo Moser a 9”; 3° Jos Hovenaers (Bel) a 1’02”; 4° Miguel Poblet a 7’43” 5° Alfredo Sabbadin a 8’01”.
![[Immagine: Fallarini%20giro%20onore_zpsgldklky4.jpg?t=1546273017]](http://i1161.photobucket.com/albums/q504/ilnuovociclismo123/Fallarini%20giro%20onore_zpsgldklky4.jpg?t=1546273017)
Fallarini al “giro d’inore”
Quarta tappa: Bari-Brindisi In un mare di folla, che continuò lungo tutto il percorso, partì alle 8,30 del mattino, la prima frazione della terza giornata. E fu subito battaglia. Proprio il leader Fallarini, forse per aumentare il proprio vantaggio, fu l’iniziatore, prima del decimo chilometro di gara, di una fuga che, a parte il belga Hoevenaers, che rispose subito, raccolse una mazzetto di corridori lontani dai vertici della generale. Un tentativo importante perché “tirato” e con immediata volontà di riuscire. Ciò provocò la reazione incredibile del gruppo e la tappa ebbe sussulti d’andatura tali, fra le ali di un pubblico festoso, da renderla simile alle gare di inseguimento fra Coppi e Gillen, così capaci, in quegli anni, di radunare folle che oggi farebbero di gran lunga invidia al calcio.
La fuga, nonostante gli sforzi dei battistrada, rimase in piedi per poco più di mezzora. L’avvenuto ricongiungimento durò poco, giusto il tempo per ideare e modellare il tentativo di due francesi Pierre Gouget e Fernand Picot, ai quali si aggiunse il talentuoso italiano Alfredo Sabbadin. I tre non dando eccessive preoccupazioni agli assi, iniziarono a mettere assieme un gran bel vantaggio e si capì presto che la frazione, pur ancora condotta a ritmi veloci, aveva in uno dei tre battistrada, il sicuro vincitore. Nel gruppo intanto si registrarono le cadute abbastanza rovinose di Koblet, Lauwers e Tinazzi, e all’aggancio coi rulli dei motoscooter, i tre giunsero con quasi 5 minuti di vantaggio su Ronchini e 6’15” sul grosso. La “giostra” come qualcuno definiva il tratto quasi sempre in circuito dietro gli scooter, segnò, davanti, la fine delle forze di Gouget, mentre dietro si registrò un attacco di Aldo Moser a Fallarini. Il duello per la vittoria di tappa andò a Sabbadin, mentre il trentino Moser sfilò la Maglia Rosso-Oro al novarese Fallarini.
Sul vincitore.
Nato a Caltana (VE) il 20 gennaio 1936, deceduto a Noale (VE) il 26 marzo 2016. Passista veloce, alto 1,73 per kg. 70. Professionista dal 1957 al 1965 e nel 1969, con 15 vittorie.
Sin dalle categorie giovanili il maggiore per anagrafe e qualità dei fratelli Sabbadin, fu subito battezzato come talento in grado di realizzare una carriera di pregio e di prendersi un posto d’evidenza sulla scena ciclistica. Ma non fu così, anche se la sua carriera, passa alla storia ugualmente come buona. Vinse il Titolo Tricolore fra gli allievi nel 1953 e da dilettante si dimostrò uno che possedeva gli stigmi della vittoria facile, ma per una certa irrequietezza, un carattere ribelle ed un temperamento agonistico sbagliato che non lo abbandonarono mai, non fu selezionato per i mondiali della categoria. Giunto fra i professionisti nel 1957, fu autore di un gran debutto, che gli valse vittorie di peso, come la tappa di Varese al Giro d’Italia, il Giro di Toscana e il Giro del Ticino, nonché la Maglia Azzurra ai mondiali di Waregem, dove si ritirò.
Poi, pur centrando, nei primi anni soprattutto, altri traguardi di ottimo livello, non decollò mai, prolungando la carriera per un triennio almeno, con partecipazioni insignificanti per uno del suo spessore, ed un colpo di coda, dopo quattro stagioni di inattività che non aggiunse nulla, se non il rimpianto per quello che poteva, ed invece non fu. In carriera partecipò a sette Giri d’Italia, di cui quattro portati a termine, col 15° posto del 1959 come miglior piazzamento. Fu azzurro anche ai Mondiali di Reims, dove si ritirò, e nazionale al Tour de France ’60, che chiuse 41°. La tangibilità della sua buona carriera, la si può vedere dal prospetto che segue.
Tutte le sue vittorie. 1957: tappa di Varese al Giro d’Italia; Giro di Toscana; Giro del Ticino; tappa di Enna al Giro di Sicilia. 1958: tappa di Mondovì al Giro d’Italia; Giro di Campania; Tappa di Brindisi al Gran Premio Ciclomotoristico; Circuito di Maggiora. 1959: tappa di Saint Vincent al Giro d’Italia; Circuito di Maggiora. 1960: tappa di Roma al Gran Premio Ciclomotoristico; Giro del Piemonte; Trofeo Longines (cronosquadre); GP Industria e Commercio. 1962: Coppa Sabatini.
I suoi migliori piazzamenti. 1957: 2° nel Giro Lazio; 2° nel Campionato Italiano; 2° nella Classifica Finale del Giro di Sicilia; 3° nella tappa di Messina al Giro Sicilia; 3° nella Milano-Mantova. 1958: 2° nella tappa di Nuoro al Giro di Sardegna; 3° nel Giro di Romagna; 2° nel Giro del Veneto. 1959: 2° nel Giro del Ticino; 2° nel Giro di Romagna. 1961: 2° nella tappa di Madrid e 3° in quelle di Vittoria e Bilbao alla Vuelta di Spagna. 1962: 2° nella Milano-Vignola. 1965: 3° nella tappa di Avellino al Giro d’Italia.
Ordine d’arrivo::
1° Alfredo Sabbadin km 132,9 in 2h55’28” alla media di 45,486 kmh; 2° Fernand Picot (Fra) a 10″; 3° Pierre Gouget (Fra) a 1’19”; 4° Jos Hoevenaers (Bel) a 5’13”; 5° Aldo Moser a 5’16″; 6° Armando Pellegrini a 5’32”; 7° Giuseppe Fallarini a 5’58”; 8° Miguel Poblet (Esp) a 6’01”; 9° Guido Boni a 6’34”; 10° Adolph Christian (Aut) a 6’37”.
Quinta tappa: Brindisi-Lecce Il programma del pomeriggio prevedeva lo svolgimento di una prova di 40 km in linea, da Brindisi a Lecce, con il solito supplemento di natura motoristica, lungo, stavolta, 21 km. La brevità del percorso, la vivace schermaglia del mattino, il sole caldo che inondava la strada, spinsero l’attesa a previsioni di assoluta tranquillità. Invece, ancora una volta, scoppiò la “bagarre”. Su ne andò presto l’olandese Wim Van Est, conosciuto come il “Miracolato dell’Aubisque” che restò solitario al comando per cinque chilometri, fin quando lo raggiunse con una progressione che mandò in visibilio chi la poté osservare, il Campione d’Italia Ercole Baldini. Il gruppo reagì con forza, ma Baldini era il Treno di Forlì, che trovò nel tulipano dai capelli rossi Van Est, un prezioso scudiero. I due mortificarono le velleità del gruppo e giunsero all’aggancio con gli scooter con un vantaggio di 1’50”. La “razione” dietro motori divenne poi per il Tricolore una trionfale galoppata, di fronte ad una massa di tifosi cui nulla importava la scarsa posizione del romagnolo nella graduatoria generale. Era il re per loro, e Baldini, che pareva aver imparato d’incanto a gareggiare incollato al rullo forse fin lì rifiutato… perchè il motore era lui, andò a vincere salutato da un’ovazione immensa e lunga minuti. Alle spalle del Treno di Forlì, il brianzolo Albani che, con una frazione portentosa dietro moto, riuscì a superare Van Est. Poi Pellegrini, Reitz, Poblet, La Cioppa nell’ordine sgranati. Distacchi lievi, certamente, ma tali tuttavia da operare alcuni cambiamenti nella Generale.
Sul vincitore:
Nato a Villanova di Forlì il 26 gennaio 1933. Passista. Professionista dal 1957 al 1964, con 40 vittorie. Uno dei più grandi corridori che l’Italia abbia mai avuto, e su taluni aspetti del ciclismo uno dei primissimi dell’intera storia mondiale di questo sport. A dirlo non è l’amicizia che intercorre fra di noi e nemmeno il feeling che può nascere fra due persone della medesima terra, ma l’obiettività, la conoscenza delle realtà di una disciplina come il ciclismo, così particolare, tanto nella durezza, quanto nell’esaltazione antropologica. Baldini, questo grande ed eccelso del segmento storico di Forlì, nacque da una famiglia contadina che ha fatto del pragmatismo e della devozione ai valori di una cultura, i propri penati e lui nacque davvero come un predestinato sincronico al nome del mitico eroe greco, fino a divenire veramente un ….Ercole. Un atleta cui ogni divulgatore e narratore di questo sport, dovrà necessariamente dedicare un capitolo, perennemente. Nella carriera di Baldini, infatti, ci sono delle perle e dei record difficilmente ripetibili, anche per supercampioni. Un suo record risulta tuttora ineguagliato: il formidabile passista forlivese è l’unico nella storia del ciclismo, ad aver vinto un titolo mondiale su pista , il titolo olimpico su strada e quello mondiale su strada. Nessuno ha saputo eguagliarlo, nemmeno l’olandese Henne Kuiper e il tedesco Jan Ulrich che pure hanno vinto olimpiadi e mondiali su strada (fra dilettanti e professionisti) e nemmeno l’immenso Eddy Merckx che pure ha vinto l’iride fra i dilettanti e fra i professionisti. Ercole possiede poi un altro record che è tutt’oggi in vigore: quello dell’ora a livello del mare fra i dilettanti. Quando il grande corridore romagnolo stabilì questo primato nel lontano 1956, esso era il record dell’ora anche fra i professionisti, ed anche qui Baldini risulta ineguagliato. E’ infatti stato l’unico a conseguire la miglior performance sull’ora pur essendo ancora dilettante. Bastano queste note, per capire la grandezza di questo personaggio ben presto chiamato “Il Treno di Forlì” e mi pare alquanto restrittivo, ridurre in pochi spazi la sua fulgida carriera. Debuttò nel ciclismo nel 1951 in maglia gialloblu della Scat e dopo tre anni, nel 1954, stabilì il record dell’ora fra i dilettanti, compiendo 44,870 km. Ma fu il 1956 l’anno in cui l’Ercole di Romagna mise tutto il mondo del pedale ai suoi piedi e fece pensare ai più che l’Italia aveva trovato un nuovo Coppi.
Tanto per cambiare, ritentò il record dell’ora al Vigorelli e stabilì con 46,393 km il nuovo limite dei dilettanti e pure quello dei professionisti, togliendolo ad un certo Jacques Anquetil. Vinse il tricolore dell’inseguimento superando un certo ….Leandro Faggin e tre settimane dopo, conquistò a Copenaghen l’iride nella stessa specialità, superando ancora una volta il nobile avversario. Ma il Treno di Forlì aveva ancora in serbo le energie migliori, ed in autunno si spostò agli antipodi per vincere con una superiorità disarmante per gli avversari, la prova su strada alle Olimpiadi di Melbourne. Baldini non vinse, ma dominò come sapeva fare solo Coppi, ed in seguito Merckx. Il 1957, segnò il suo passaggio al professionismo in maglia Legnano. Il debutto di Ercole fu subito di gran pregio. Al Giro d’Italia vinse la cronometro di Forte dei Marmi e finì al terzo posto nella classifica finale. Vinse poi il Giro di Romagna, il Giro del Lazio, il Gran Premio Campari a Lugano, il Trofeo Baracchi con Fausto Coppi e, soprattutto, il Campionato Italiano. Ma è il 1958 la sua stagione d’oro. Tante vittorie (15), oltre alla prima edizione del Trofeo Tendicollo Universal davanti a centomila spettatori, cominciò la sua serie con le frazioni di Lecce e Castellamare del Gran Premio Ciclomotoristico. Quindi il Giro d’Italia, vinto da autentico dominatore, arricchito da quattro vittorie di tappa, fra le quali l’arrivo solitario sull’erta di Boscochiesanuova, davanti al fior fiore degli scalatori e la tappa a cronometro di Viareggio, dove mandò fuori tempo massimo mezzo gruppo. Altro sigillo di nota, il Trofeo Matteotti, indi il Gran Premio Industria e Commercio, il Campionato Italiano, il Circuito di Collecchio. Arrivò ai Mondiali di Reims col ruolo di possibile vincente e non tardò a dimostrarsi il più forte, raccogliendo un suggerimento di Coppi, che gli consigliò di inserirsi in una fuga che ai più appariva ardita e senza sbocchi. Di qui, invece, Ercole, seppe poi scaricare i compagni d’avventura, fra i quali Luison Bobet che correva in casa e giunse sul traguardo iridato, per cogliere una delle più belle, convincenti e leggendarie vittorie della storia dei mondiali. In maglia iridata, assieme ad Aldo Moser, colse poi a fine stagione, il successo nel Trofeo Baracchi. La Romagna aveva così trovato un campione che la stava facendo conoscere al mondo, nell’alveo più pieno dell’ammirazione. Ed il ragazzone di Villanova, col cuore grande, generoso e direttamente proporzionale alla stazza imponente, aveva confermato nel modo più convincente le rare stimmate emerse fra i dilettanti. Al secondo anno fra i professionisti, ed a soli 25 anni, Ercole possedeva un curriculum in grado di riempire i sogni di gloria di un corridore. C’era già praticamente tutto, mancava solo il Tour, ma l’osservatorio lo considerava solo un fatto di tempo.
Nel ’59 Baldini passò all’Ignis di uno dei padri dello sport moderno: il Cavalier Borghi. Costui, lo ammirava profondamente e sognava sul ragazzone romagnolo. Ma un intervento chirurgico di appendicite, nei primi mesi dell’anno, impose al “Treno di Forlì” uno stop che, come per altri campioni, ebbe un peso determinante nel prosieguo di carriera. Forse cercò di ritornare prima del tempo, ed in questo senso la sua partecipazione al Giro del ’59 fu un azzardo, ma sta di fatto che dopo l’operazione, a parte le prove a cronometro, solo in rare altre giornate fu possibile vedere il Baldini che tutti conoscevano. Dopo la vittoria a tempo di record nel Trofeo Tendicollo a Forlì, puntò tutto sul Tour, dove vinse il tappone di Aosta e ad un certo punto apparve davvero in procinto di conquistare la corsa, ma nella cronoscalata al Puy de Dome andò in crisi e si giocò le possibilità di vincere una Grande Boucle che appariva alla sua portata. Finì sesto, non senza rimpianti. Sul finire di stagione colse importanti successi al Giro dell’Emilia, nel G.P. Faema e, per la terza volta, nel Trofeo Baracchi, ancora in coppia con Aldo Moser. La sua fama di “Treno” si rinvigorì nel 1960 col successo nel Gran Premio delle Nazioni, per tanti anni una specie di campionato mondiale a cronometro, ma nel resto di stagione confermò un certo declino, aggravato da una rovinosa caduta al Giro, dove si fratturò un polso. Nel 1961 si impose nella Milano Mantova, nel circuito di Ravenna e, per la quarta volta, nel Trofeo Baracchi stavolta in coppia col francese Velly. Nel 1962 ebbe giornate di buona regolarità nei grandi Giri, perlomeno tali da riportarlo fra i primi, in particolare pagò la sospensione per neve della tappa sul Rolle al Giro, quando era in forte rimonta. Nel resto di stagione, a parte il ritorno al successo nel Trofeo Tendicollo e nel circuito di Ponte Piave, ritentò l’avventura al Tour de France, dove fu autore di grandi prestazioni a cronometro, ma non andò oltre un non disprezzabile 8° posto finale. Nel 1963 cambiò squadra, ed approdò alla Cynar, ritornando con una certa prepotenza al successo. Oltre al Tendicollo, vinse la Coppa Placci, il Giro della Provincia di Reggio Calabria, il Trofeo Cougnet e il Circuito di San Costanzo. Nel 1964, Ercole Baldini chiuse la carriera in maglia Salvarani, giungendo secondo al Baracchi, in coppia con Vittorio Adorni. Che dire di questo campione? Non sarà diventato un nuovo Coppi, è stato semplicemente Baldini, uno che ha lasciato nel ciclismo una traccia breve, ma così intensa, che ripercorrerla nelle sue essenze, fa venire i brividi.
Lasciata l’attività agonistica, il Treno di Forlì è passato a quella dirigenziale, divenendo direttore sportivo dell’Ignis, della Bianchi, della Kelvinator, della Scic e poi Presidente dell’Associazione Corridori. Successivamente, Presidente della Lega, quindi membro della Commissione Tecnica dell’Uci. In altre parole, ancora un personaggio di spicco.
Ordine d’arrivo:
1° Ercole Baldini km 61 in 1h18’15” alla media di 46,773 kmh; 2° Giorgio Albani a 33″; 3° Wim Van Est (Ned) a 36″; 4° Armando Pellegrini a 1’47”; 5° Fritz Reitz (Ger) a 2’20”; 6° Miguel Poblet (Eso) a 2’48”; 7° Silvestro La Cioppa a 2’53”; 8° Bruno Tognaccini a 2’54”; 9° Miguel Chacon (Esp) a 2’55”; 10° Hoevenaers a 3’13”; 11° Alfredo Bonariva a 3’17”; 12° Aldo Moscr a 3’17”.
Classifica generale dopo la terza giornata:
1° Aldo Moser in 19h25’57”; 2° Jos Hoevenaers (Bel) a 44″; 3° Giuseppe Fallarini a 45″; 4° Miguel Poblet (Esp) a 6’51”; 5° Alfredo Sabbadin a 7’55”; 6° Silvestro La Cioppa a 9’07”; 7° Carlo Azzini a 10’51”; 8° Guido Boni a 14’01”; 9° Diego Ronchini a 15’10”; 10° Miguel Bover (Esp) a 15’15”.
Sesta tappa: Lecce-Taranto Fu una tappa dai due volti. Da una parte i primi in classifica, volonterosi il giusto per renderla normale e, dall’altra, un gruppo corposo, col tricolore Baldini in testa, a prenderla come una gita turistica. Il Treno di Forlì, d’altronde, era al Ciclomotoristico certo per onorarlo, e la tappa di Lecce del giorno precedente lo aveva dimostrato, ma soprattutto per fare la gamba in vista del Giro d’Italia. Fatto sta, che ne uscì una frazione ad ottimo ritmo, con dei grandi cavalieri di giornata che si evidenziarono al cinquantesimo chilometro. Qui, infatti, su iniziativa di Armando Pellegrini, evasero con lui, Picot, Post, Domenicali, Brenioli, Chacon e Christian. Dietro, ad inseguire gli uomini di classifica, in un drappello di una quindicina d’unità e, tanto dietro, i turisti a guardare, oltre al paesaggio, le gambe magiche del Tricolore Baldini che era con loro. Pedalando spediti i sette al comando giunsero all’aggancio con gli allenatori in motoscooter, quasi 7′ avanti al leader Moser e soci, mentre il grosso, col vincitore di Lecce, a quasi mezzora. La folla fu generosa con tutti ed offrì a chiunque il calore di un entusiastico applauso. Tanto da stuzzicare al meglio uno specialista come Pellegrini, bergamasco con pochi capelli, ma tanta qualità, soprattutto dietro motori, che si incaricò di ribadire la sua superiorità per andare a vincere da par suo. La battaglia per il primato fra i concorrenti più in vista, diede piccoli risultati: la graduatoria rimase quella che era il giorno prima, salvo una manciata di secondi guadagnati dal belga Hoevenaers, su Moser, ed altrettanti persi sul trentino, da Fallarini.
Sul vincitore.
Nato a Bedolita (BG) il 3 giugno 1933. Passista veloce, alto m 1,78 per kg 62. Professionista dal 1957 al 1969 con 13 vittorie. Un esempio di buona carriera, considerando l’epoca in cui ha corso. Non un formidabile vincente, ma un evidente che possedeva buon senso e tanta disponibilità a giocare al meglio le sue più che discrete qualità. Ha alternato strada e pista prima dell’arrivo fra i professionisti, ed una volta arrivato nell’elite, le ha praticate negli apogei come una ideale staffetta. Si segnalò da dilettante nel 1954, in pista, con due segni che oggi verrebbero giudicati in contrapposizione: giunse secondo nella Velocità Tandem in coppia con Pesenti e stabilì il primato mondiale della 100 km in 2h41’00”. Nei 2 anni successivi, vinse il Titolo Italiano nell’Inseguimento a Squadre, giunse 3° nel Tricolore stayer nel ’56 e si dimostrò un ottimo stradista. Nel 1957 passò al professionismo con la blasonata Faema e vinse subito 4 corse: il Giro delle Alpi Apuane, il GP Vighizzolo, entrambe prove del Trofeo UVI e la classifica finale della Challange, nonché il GP Grunding. Al Giro d’Italia finì 30° e giunse 2° nel Tricolore stayer. Nel ’58 vinse la tappa di Taranto del GP Ciclomotoristico, il GP Rho, valido per il Trofeo UVI e colse un’infinità di piazzamenti: praticamente non uscì mai dai primi 10 in tutte le classiche del calendario italiano. Nel ’59 passò all’EMI e fu autore della sua migliore stagione, relativamente alla strada. Vinse la frazione di Oristano al Giro di Sardegna, la tappa di Uzes della Parigi Nizza e quella di Roma nella Montone-Roma. Ruppe finalmente il ghiaccio anche al Giro d’Italia, vincendo la frazione di Arezzo. Fu azzurro ai Mondiali di Zandwoort, dove, finito il lavoro d’appoggio, si ritirò. Tornò al successo nel 1961 in maglia Vov, conquistando, sempre ad Oristano, la specifica frazione del Giro di Sardegna. Nel 1962 passò alla Molteni e colse il suo secondo successo di tappa al Giro d’Italia, sfrecciando primo a Casale Monferrato. Dal 1963, iniziò a dedicarsi quasi esclusivamente alla pista e, nell’amato mezzofondo, chiuse 3° al Tricolore. Ma la Maglia Biancorossoverde della specialità, fu finalmente sua nel ’64. Nell’anno vinse pure l’ultima corsa su strada: il GP Riviera di Cesenatico. Dal ’65, fino al ritiro dall’attività agonistica, avvenuta nel ‘69, Armando Pellegrini continuò a lottare fra gli stayer, contro l’astro della specialità: Domenico De Lillo. Una lotta che lo vide di nuovo vincente ai Tricolori del ‘68.
Ordine d’arrivo:
1° Armando Pellegrini km 176 in 4h20’50” alla media di 40,480 kmh; 2° Peter Post (Ned) a 25″; 3° Adolph Christian (Aut) a 42″; 4° Tonino Domenicali a 1’27”; 5° Rizzardo Brenioli a 1’32″; 6° Fernand Picot (Fra) a 2’07”; 7° Miguel Chacon (Esp) a 2’38”; 8° Miguel Poblet (Esp) a 6’46”; 9° Jos Hoevenares (Bel) a 6’58”; 10° Aldo Moser a 7’01”; 11° Giuseppe Fallarini a 7’55”.
Classifica generale dopo la quarta giornata:
1° Aldo Moser in 23h53’48″; 2° Jos Hoevenaers (Bel) a 41″; 3° Giuseppe Fallarini a 1’39”; 4° Miguel Poblet a 6’36”; 5° Adolph Christian (Aut) a 10’41”; 6° Fernand Picot (Fra) a 15’41” 7° Armando Pellegrini a 17’01”; 8° Miguel Bover (Esp) a 20’04”; 9° Alfredo Sabbadin a 26’22”; 10° Silvestro La Cioppa.a 29’33”.
Settima tappa: Taranto-Potenza La frazione, 189 chilometri in linea con tre traguardi volanti e due traguardi della montagna, con circa 50 km di gara dietro motori, tenne fede alle sue promesse. La stessa partenza fu movimentata da alcuni allunghi di Poblet, di Pellegrini e di Baldini. Allunghi che rimasero senza esiti pratici, ma che seppero mettere alla frusta gli altri e la stessa corsa. Mentre la strada lasciava il mare per dirigersi verso le vicine montagne, i corridori si concessero un po’ di respiro, forse timorosi per due cavalli che, al galoppo, accompagnarono la carovana per alcuni chilometri. Toccò a Wagtmans, riaccendere le polveri. L’olandese scattò verso il 60° chilometro e diede una nuova impronta alla corsa. Passò sul traguardo volante di Matera con tre minuti di vantaggio e transitò in cima al GPM di Miglionico, con 7’10” d’anticipo su Tinazzi, Ciampi, La Cioppa e 7’38” sul gruppo. Poi incominciò a scuotere la sua piccola testa bionda: la fatica si faceva sentire e la tappa era ancora assai aspra. Al km 126, su un altro traguardo volante, Wagtmans era ancora al comando, con 5’30 su Sabbadin ed il gruppo a 6’. Sulla lunga asfissiante salita di San Chirico Nuovo che raggiungeva i 1001 metri sul livello del mare, partì la riscossa da dietro. Sabbadin raggiunse e staccò Wagtmans, ma prima della cima fu superato da Poblet, che aveva recuperato una foratura e da Fallarini. In ritardo il leader Moser. Allo spagnolo andavano così 30” di abbuono, ed al novarese 15”. Sulla lunghissima discesa su Potenza, Moser cercò di recuperare, ma spese tantissimo nonostante l’aiuto di Ciampi, ed all’aggancio coi motoscooter, pagò lo sforzo. In ballo dunque, tappa e classifica generale. In quattro erano rimasti davanti al trentino, ovvero Poblet, Fallarini, Hoevenaers e La Cioppa che conclusero nell’ordine frazionati. Per Poblet il successo di tappa, poteva significare mantenere qualche piccola speranza per la vittoria finale, mentre per Fallarini, 2°, ci fu il ritorno alla Maglia Rosso-Oro. E c’era sempre lì, a due passi, la sagoma ombrosa di Jos Hoevenaers.
Ordine d’arrivo:
1° Miguel Poblet (Esp) km 208,25 in 6h01’39” alla media di 34528 kmh (abbuono per GPM 30”); 2° Giuseppe Fallarini (abbuono per GPM 15”) a 9”; 3° Jos Hoevenaers (Bel) a 10”; 4° Silvestro La Cioppa a 43”; 5° Aldo Moser a 4’37”.
Classifica Generale dopo la quinta giornata:
1° Giuseppe Fallarini in 29h57’15”; 2° Jos Hoevenaers (Bel) a 6”; 3° Aldo Moser a 2’49”; 4° Miguel Poblet a 4’18”; 5° Silvestro La Cioppa a 28’12”.
Ottava tappa: Potenza-Castellamare di Stabia Avvio di buon mattino a Potenza, con una strada tutta curve, salite e discese. Inevitabile che si accendessero subito le polveri, con numerosi tentativi animati per lo più da Poblet. Poi attaccarono decisi Sabbadin e Van Est, ai quali si aggiunsero prima Fantini e poi Gouget. Il gruppo non accettò la situazione e alla caccia dei quattro si misero Baldini, Post, La Cioppa, Brenioli, Picot, Christian, Pellegrini, Ranucci, Reitz, Boni, Ronchini e Grassi, che, sulla vetta dello Scorzo, ultimo GPM (al culmine primo Sabbadin), lamentarono sui fuggitivi, un distacco di 3’20”. I due traguardi volanti a Battipaglia e Salerno furono vinti da Fantini. Il quartetto di testa, nonostante l’impegno, vide progressivamente assottigliarsi il vantaggio sui 12 inseguitori.
Nel gruppo intanto, si ritirarono Ciampi e l’anonimo Koblet. Ad un tiro di schioppo da Castellammare, dove ad attendere i corridori c’erano gli allenatori in moto per il circuito finale, i cacciatori raggiunsero le lepri. Fra i sedici al comando ed i rispettivi allenatori, s’accese una cruenta battaglia per la tappa, mentre analoga situazione si registrò dietro, con Poblet ed Hoevenaers che attaccarono di brutto il pur ben disposto leader Fallarini. Alla presenza del Ministro Gava, la lotta per il successo di frazione si restrinse a Baldini, Pellegrini e Post. Il campione d’Italia, in giornata di vena, trionfò nel tripudio di una folla enorme. Mentre dietro, certo a tanti minuti, Hoevenaers, che la spuntò su Poblet, inflisse un bel distacco a Fallarini e nonostante una penalizzazione di 30” inflittagli per cambio di ruota con Lauwers dopo una foratura, conquistò la Maglia Rosso-Oro di leader.
Ordine d’arrivo:
1° Ercole Baldini km 179 in 5h04’53” alla media di 35,209 kmh; 2° Armando Pellegrini a 5″; 3° Peter Post (Ned) a 20″; 4° Alfredo Sabbadin a 59″; 5° Diego Ronchini a 1’08”; 6° Adolph Christian (Aut) a 1’33”; …..17° Jos Hoevenaers (Bel) a 1913″; 18° Miguel Poblet (Esp)a 19’19”; 19° Aldo Moser a 19’19”; 20° Giuseppe Fallarmi a 20’20”.
Nona tappa: Castellamare-Caserta Dopo un frugale pasto, alle 15 i corridori partirono da Castellammare, in direzione Caserta. Una sfilza di passaggi a livello chiusi, diedero alla corsa un aspetto caotico e febbrile, nel sussulto di cento tentativi di attacco, che trovarono tutti prontissima risposta. Poblet cercò con energia il colpo gobbo, senza riuscire però ad imbastire una fuga. Ed anche un allungo di Ranucci e di Tinazzi, venne rintuzzato con decisione. Fatto sta che al circuito della Reggia di Caserta, il gruppo arrivò in pratica al gran completo. Qui poteva anche decidersi il Gran Premio. Infatti Poblet, dopo che Baldini vide arrestata la sua azione da un guasto alla moto allenatrice, ritentò testardo di dar scacco matto a chi lo precedeva nella classifica. Ma Hoevenaers, confermando le sue ottime qualità, tenne duro con pari coraggio. Furono 27 chilometri entusiasmanti. Poblet al traguardo sfrecciò per primo, ma il belga lo tallonò come un’ombra fino alla fine, perdendo sulla linea del traguardo solo 4”. Per Moser, Pellegrini e Fallarini giunti nell’ordine dietro la coppia, non restò che prendere atto della superiorità dei due corridori stranieri.
Ordine d’arrivo: :
1° Miguel Poblet (Esp) km 88,6 in 2h13’35” alla media di 39,781 kmh; 2° Jos Hoevenaers (Bel) a 4″: 3° Aldo Moser a 44″; 4° Armando Pellegrini a 1’04″; 5° Giuseppe Fallarinl a 1’’39”; 6° Peter Post (Ned) a 2’04”; 7° Alfredo Sabbadin a 2’21”; 8° Ercole Baldini a 3’05”; 9° Luciano Ciancola a 3’11”; 10° Silvestro La Cioppa a 3’23″.
Classifica generale dopo la sesta giornata:
1° Jos Hoevenaers (Bel) in 37h33’37”; 2° Giuseppe Fallarmi a 2’06”; 3° Aldo Moser a 3’28”; 4° Miguel Poblet (Esp) a 3’43”; 5° Adolph Christian (Aut) a 6’07”; 6° Silvestro La Cioppa; 7° Alfredo Sabbadin; 8° Peter Post (Ned); 9° Guido Boni; 10° Ercole Baldini.
Decima tappa: Caserta-Sabaudia La giornata conclusiva del Gran Premio Ciclomotoristico delle Nazioni, si apri al mattino con un paio di ritiri: l’olandese Wagtmans, vincitore dell’edizione ’57 e del belga Stan Lauwers. Fallarini tentò più volte, nella disperata ricerca di favorire la fuga di un gruppetto, di anticipare la superiorità di Poblet ed Hoevenaers, dietro motori. Non vi riuscì, ed all’aggancio con le moto per il circuito di Sabaudia, il gruppo arrivò compatto. Ad osservare in tribuna il roteare frenetico dei corridori al riparo del vento, grazie agli scooter, fra i vari personaggi di spicco, la bellissima Gina Lollobrigida, nel fiore degli anni. La corsa, come prevedibile, si risolse su un duello fra Poblet e Hoevenaers. Vinse il primo, ma il belga gli restò a ruota fino all’ultimo.
Ordine d’arrivo:
1° Miguel Poblet (Esp) km 155,5 in 4h21’42” alla media di 34,196 kmh; 2° Jos Hoevenaers (Bel) a 2”; 3° Peter Post (Ned) a 54”; 4° Ercole Baldini a 55” a pari merito con Giuseppe Fallarini; 6° Alfredo Sabbadin a 1’18”; 7° Aldo Moser a 1’22”; 8° Eugenio Bertoglio a 1’30”; 9° Silvestro La Cioppa a 1’38”; 10° Giorgio Tinazzi a 1’42”.
Undicesima tappa: Sabaudia-Roma Nella frazione conclusiva del pomeriggio, pochissime note, come era scontato. Solo Baldini si fece notare grazie ad alcuni allunghi, peraltro subito neutralizzati dal gruppo. La corsa vide così gli ultimi scampoli di battaglia, affidati al tratto da percorrere dietro gli scooter. A Roma, lungo il circuito delle Terme di Caracalla gli italiani non furono capaci di dare un volto nuovo alla competizione. Hoevenaers e Poblet, Poblet e Hoevenaers. Sotto una pioggia, lieve, ma fastidiosa, il belga, sfiorando i 60 all’ora, giocò il tutto per tutto. C’erano da compiere 12 giri e per 11 il leader di classifica sfrecciò velocissima di fronte alle tribune gremite nella funzione di battistrada. Dietro però, Poblet, scherzò come il gatto col topo: al giro buono, il dodicesimo, fece un urlo al suo allenatore e forzò il ritmo. Gli fu sufficiente per vincere con estrema facilità. Alle sue spalle, naturalmente, Hoevenaers, poi il bravo Fallarini e l’olandese Peter Post. Il belga comunque, si consolò col massimo: vinse con gran merito il Gran Premio Ciclomotoristico.
Ordine d’arrivo:
1° Miguel Poblet (Esp) km 129,8 in 3h16’40” alla media di 39,650 kmh; 2° Jos Hoevenaers (Bel) a 9”; 3° Giuseppe Fallarini a 1’16”; 4° Peter Post (Ned) a 1’40”; 5° Alfredo Sabbadin a 1’42”; 6° Aldo Moser a 1’43”.
Classifica Generale Finale:
1° Jos Hoevenaers (Bel) in 45h14’16”; 2° Miguel Poblet (Esp) a 2’54”; 3° Giuseppe Fallarini a 3’50”; 4° Aldo Moser a 5’48”; 5° Adolph Christian (Aut) a 10’43”; 6° Alfredo Sabbadin a 16’27”; 7° Silvestro La Cioppa a 17’16”; 8° Peter Post (Ned) a 23’57”; 9° Ercole Baldini a 29’14”; 10° Guido Boni a 31’23”.
Sul vincitore del Gran Premio Ciclomotoristico.
![[Immagine: jos-hoevenaers.jpg]](https://ronnydeschepper.files.wordpress.com/2016/01/jos-hoevenaers.jpg)
Jos Hoevenaers nacque ad Anversa il 30 novembre 1932. Deceduto a Wilrijk il 14 giugno 1995, Professionista dal 1957 al 1967 con 28 vittorie.
Joseph, era figlio di Henri, grandissimo dilettante, primo belga a vincere il Titolo Mondiale dei dilettanti nel ’25, nonché tre volte medagliato (due argenti e un bronzo) alle Olimpiadi di Parigi, ed il ruolo avuto dal genitore, aggiunto ad una certa lenta maturazione, pesarono troppo sulla sua eccessiva permanenza nella categoria dei “puri”. In altre parole, c’è ragione di credere che tante forze, Jos, le abbia lasciate sulla strada delle non certo importantissime gare fra i dilettanti, forse alla ricerca di quel titolo che il padre aveva conquistato. Fatto sta che fra i “puri” a 24 anno completò una serie di grandi successi al cospetto di tutti i più forti, come nel Giro di Berlino, nell’Etoile de Ypres, gara a tappe in cui dominò vincendo pure tre frazioni, indi nella Liegi-Marche-Liegi e, soprattutto, da dominatore nella Liegi-Bastogne-Liegi. Il debutto fra i prof nel 1957, dove col tempo, pur perdendo la brillantezza che lo contraddistinse fra i dilettanti, si dimostrò un corridore solido e intraprendente che si mise particolarmente in luce nelle grandi corse a tappe. Riuscì a vestire parzialmente sia la Maglia Gialla (1 giorno nel ’58 e 3 nel ’59) e sia quella rosa (10 giorni nel ’60, quando correva per la romagnola Ghigi diretta da Luciano Pezzi), senza mai giungere ad un piazzamento nei primissimi (fu 5° al Giro del ‘60) e senza mai vincere una tappa. Fra le sue 28 vittorie, il successo nella Freccia Vallone ’59 rappresenta senza dubbio la stella, ma vanno ricordati: il Giro delle Tre Province ’57, tre volte il Giro del Belgio Centrale (’57,’59, ‘62), una tappa del Giro di Catalogna nel 1957, la Roma-Napoli-Roma col finale dietro motori e la Mandel-Lys-Schelde nel ’58, una tappa della Tre Giorni di Anversa nel ’60, la Coppa Sels e il Campionato belga per club nel ’61; il GP de l’Escaut, il Giro del Nord Ovest della Svizzera, il Giro del Brabante Centrale e la Kampenhout-Relst nel ’64; il Giro del Sud-Ovest delle Fiandre e la Polder-Kempen nel 1965. Insomma, un’onorata carriera, sulla quale ha pure pesato il suo ruolo di spalla di grandi campioni: Rik Van Looy su tutti.
Maurizio Ricci detto Morris