Trentacinquesima Edizione 24/04-01/05 1957
Il Gran Premio Ciclomotoristico 1957, si presentò come corposa corsa a tappe. Tredici frazioni divise in otto giorni di gara, per un totale di 1316 chilometri che, unitamente alle specificità tutte particolari della manifestazione, resero questa prova dura, inferiore ai soli Giro, Tour e Vuelta nel calendario internazionale di quell’anno. Quaranta “assi” chiamati a lottare su diversi trabocchetti e salite pure di una certa consistenza, col solito ritmo infernale come la presenza di due o più tappe giornaliere sanno esprimere. I 1316 chilometri complessivi, divisi 1157,700 in linea e 257,770 dietro motori, con abbuoni di 30 e 15 secondi ai traguardi dei GPM. Stessa formula dunque e stesso entusiasmo di folla alla punzonatura, anche nel ’57 svoltasi in Piazza Augusto Imperatore a Roma. Italiani, spagnoli, belgi, francesi, svizzeri, lussemburghesi e olandesi di scena. Ed il duello, pur tenendo conto di Poblet e di Gaul, di Wagtmans e di Dupont, di Koblet e di Gauthier, parve alla vigilia imperniarsi in un ennesimo confronto fra gli uomini di casa nostra e i belgi. Fra gli italiani i vari Monti, Albani, Messina, Defilippis e Moser, fra i belgi, scomparso tragicamente il vincitore uscente Stan Ockers, Fred De Bruyne, Rik Van Looy alla sua prima partecipazione e l’eterno, ma Campione del Mondo in carica Rik Van Steenbergen. Fra i fiamminghi, la defezione all’ultimo momento, causa caduta di un giovane astro, Willy Lauwers.
![[Immagine: Speciale%201957_zpsujbuooch.jpg]](http://i1161.photobucket.com/albums/q504/ilnuovociclismo123/Speciale%201957_zpsujbuooch.jpg)
Il programma di corsa si mosse come segue. Il 24 aprile, la Roma-Caserta: 206 km in linea e 32 km e 200 metri dietro motori sul circuito di Caserta. Il 25 aprile la Caserta-Napoli: 45 km in linea e 26,800 dietro motori sul circuito di Napoli; al pomeriggio la Napoli-Salerno di 69 km in linea e 26 km e 800 mt. dietro motori sul circuito di Salerno. Il 26 aprile, la Salerno-Campobasso di 140 km in linea e 23 km. e 400 mt. dietro motori a Campobasso. Il 27 aprile la Campobasso-Roccaraso di 89 km in linea. Il 28 aprile la Roccaraso-Bivio per Chieti di km 97,200 in linea, indi Bivio per Chieti-Chieti di 7,7 km dietro motori; nel pomeriggio la Chieti-Pescara di 37 km in linea e 31,5 km dietro motori sul circuito di Pescara. Il 29 aprile la Pescara-Teramo, di 54 km in linea e 12 km dietro motori; indi la Teramo-Ascoli, di km 38,4 in linea e 27,4 km dietro motori sul circuito di Ascoli. Il 30 aprile la Ascoli-Spoleto di km 202 in linea e 25,5 km dietro motori, in circuito a Spoleto. Il 1° maggio giornata finale con la Spoleto-Rieti di km. 61,1 in linea e Km 10,27 dietro motori a Rieti e, nel pomeriggio, la Rieti-Roma di km 112 in linea e km 35 dietro motori sul circuito delle Terme di Caracalla nella Capitale.
Prima tappa: Roma-Caserta La corsa, dopo un inizio dei più pacifici, si svegliò poco dopo 160 chilometri percorsi, quando su una lieve salita scattarono l’austriaco Adolph Christian e Vito Favero. Fino a quel momento c’era stato qualche pallido tentativo di fuga e due volate per altrettanti traguardi volanti entrambi vinti da Pierino Baffi. Nulla d’altro. Al tentativo dei due corridori citati, risposero cinque chilometri dopo, i vari Minardi, Wagtmans, Emiliozzi, Gismondi, Bartolozzi e Gaggero, che andarono a riprendere i due battistrada. Gli otto del drappello al comando, escluso Christian che si era staccato dopo una manciata di chilometri, andarono insieme a Caserta, sul maestoso viale che fronteggia il Palazzo Reale, dove, sotto lo striscione d’arrivo, avvenne l’aggancio coi motoscooter per il circuito finale da svolgere sette volte. Lì, iniziò la battaglia fra di loro, così come fra gli attesi dello gruppo, staccati all’aggancio di 4’35”. Davanti, la superiorità dell’olandese Wout Wagtmans apparve subito sensibile, così come da dietro si vide l’iridato Van Steenbergen, particolarmente ispirato. Al tulipano si opposero soprattutto Gismondi ed Emiliozzi, mentre al Campione del Mondo, i vari De Bruyne, Moser e Poblet. Alla fine, vinse con una grande azione Wagtmans, mentre a Van Steenbergen, da dietro, non rimase altro che mangiarsi le mani per esser partito troppo tardi.
Sul vincitore.
Nonostante non abbia ottenuto podi nelle grandi corse a tappe, è stato senza dubbio l’olandese più forte in queste manifestazioni, prima dell’avvento di Jan Janssen. Tra l’altro, Wout, nato a St Willebrord il 10 novembre 1929, non era nemmeno uno scalatore, anzi era per lo più un velocista, ma grazie ad un’abnegazione notevole sapeva soffrire in salita per poi scatenarsi in discesa. In virtù di queste doti, vinse delle medie corse a tappe e seppe pure piazzarsi in quelle grandi. Vincitore del Giro di Romandia nel ’52 e della Roma-Napoli-Roma nel ’57 (quando venne a correre in Italia nella “Girardengo”), fu protagonista con la squadra olandese nei Giri di Francia, grazie al suo spunto veloce, soprattutto adatto per gli arrivi non di gruppo compatto. Indossò sovente la maglia gialla nei Tour ’54, ’55 e ’56 per complessivi 12 giorni. Il miglior piazzamento finale nella Grande Boucle, fu il 5° posto nel ’53. Nel ’56 finì 6°. Al Tour vinse quattro tappe (due nel ’53 una nel ’54 e una nel ’55). Al Giro d’Italia partecipò sei volte, finendo due volte 9° (nel ’55 e nel ’57) e vinse tre tappe (due nel ’54 e una nel ’57). Non vinse mai delle classiche in linea di pregio: i suoi piazzamenti migliori furono due terzi posti nella Liegi-Bastogne-Liegi ’51 e nella Parigi-Roubaix ’53. Fra le sue vittorie in gare di un giorno (esordì fra i professionisti nel 1950), oltre ad una miriade di tappe in corse di una settimana, alcune semiclassiche, come il Tour de Hesbaye (’53) ed il Giro dei 4 Cantoni (’60). Negli ultimi anni di carriera, si cimentò soprattutto su pista, nel mezzofondo (disciplina che ha sempre amato e frequentato anche quando era uno stradista d’evidenza), conquistando la medaglia di bronzo della specialità ai Mondiali ’58. Nello stesso anno sempre fra gli stayer vinse anche il Titolo Nazionale olandese. Chiuse col ciclismo nel 1961, con un bottino di una trentina di vittorie su strada, ed una decina su pista in gare d’evidenza. Morì il 15 agosto 1994, nella cittadina natale di St Willebrord, in seguito ad una grave malattia.
Ordine d’arrivo:
1° Wout Wagtmans (Ned) km 238,2 (km 206 in linea e km 32,2 dietro motori) in ore 6h12’17”, alla media di 38,388 kmh; 2° Michele Gismoadi a 42″; 3° Alberto Emiliozzi a 48″; 4° Giuseppe Gaggero a 2’54”; 6° Giuseppe Minardi a 2’55”; 6° Rik Van Steenbergen (Bel) a 3’7″; 7° Vito Favero a 3’48”; 8° Fred De Bruyne (Bel) a 3’58”; 9° Aldo Moser a 4’32”; 10° Miguel Poblet (Esp) a 4’49″; 11° Hugo Koblet (Sui) a 4’51”; 12° Giorgio Albani a 4’53”; 13° Desiré Keteleer (Bel) a 4’58”; 14° Waldemaro Bartolozzi a 4’59”; 15° Rik Van Looy (Bel) a 5’04”; 16° Bruno Monti a 6’30”; 17° Charly Gaul a 5’36”; 18° Gilberto Dall’Agata a 5’40”; 19° Guido Messina a 5’42”; 20° Antonin Rolland (Fra) a 5’47” ; 22° Nino Defìlippis a 5’52”- 23° Giuseppe Fallarini a 5’55″….; 42° e ultimo Adolph Christian (Aut) a 11’43”.
Seconda tappa: Caserta-Napoli La prima frazione della seconda giornata di gara, la Caserta-Napoli di 145 chilometri in linea, evidenziò due protagonisti che giunsero all’aggancio coi motoscooter sul lungomare Caracciolo, nero di folla: Aldo Moser e Nello Fabbri. Moser, se ne era andato sull’erta di Secondigliano, ed era stato raggiunto da Fabbri nella discesa tortuosa e difficile che butta su Napoli. Discesa lungo la quale, caddero Rossello, Maule e Giudici senza gravi conseguenze. All’appuntamento “motoristico”, il romano e il trentino arrivarono con 1’10” sul gruppo e, nel carosello dei dieci giri, pari a 26 km, Moser, che attraversa il periodo probabilmente più splendente della sua carriera, riuscì a staccare Fabbri, poi ripreso dai più forti del gruppo, ed a vincere da trionfatore.
Ordine d’arrivo:
1° Aldo Moser km 71 in 1h40’32” alla media di 42,373 kmh; 2° Bruno Monti a 44″; 3° Rik Van Steenbergen (Bel) a l’0l”; 4° Hugo Koblet (Sui) a l’07”; 5° Nello Fabbri a 1’27”; 6° Giuseppe Fallarini a 1’52”; 7° Miguel Poblet a 1’55”; 8° Rik Van Looy a 1’55”; 9° Wout Wagtmans a 1’57”; 10° Gilberto Dall’Agata a 1’59”.
Terza tappa: Napoli-Salerno Il programma della tappa pomeridiana, prevedeva 69 km per andar da Napoli a Salerno, indi una volta qui, aggancio con gli allenatori sugli scooter, per un circuito lungo fra le diverse tornate, 26,8 km. Tanto pubblico e tanti bambini a salutare le prime pedalate dei corridori. A circa 15 chilometri dal via, su un traguardo volante che vide la vittoria di Guido Carlesi su Pierino Baffi, i due proseguirono nell’af-fondo, scavando un buon vantaggio sul grosso. Dal gruppo uscì Alberto Emiliozzi che, con un gran inseguimento, si portò sui due battistrada. Coi big in attesa del tratto motoristico, i tre continuarono ad insistere, aumentando il vantaggio. Baffi, stremato, mollò, ma gli altri due no. All’inizio del circuito, per la consueta razione del “dietro motori”, la coppia giunse con un anticipo di 1’26” su Baffi e quasi 9 minuti sul gruppo privo dell’atteso De Bruyne che, in un solo colpo di sfortuna, ruppe entrambe le ruote della bicicletta. La pur violenta reazione dei grandi, nulla poté di fronte all’enorme vantaggio delle due lepri, che si divisero poco prima dei due chilometri finali, dove un Emiliozzi in gran spolvero, staccò Carlesi, andando a vincere la frazione, ed a conquistare la Maglia Rosso-Oro di leader della corsa.
Sul vincitore.
![[Immagine: 14698789361453EMILIOZZIAlberto1957.jpg]](http://www.dewielersite.net/db2/wielersite/beeldbank2016/14698789361453EMILIOZZIAlberto1957.jpg)
Nato il 15 novembre 1930 a Tarquinia (Viterbo) ed ivi deceduto il 5 marzo 2006. Passista scalatore, alto 1,75 per kg 70. Professionista dal 1957 al 1958 con tre vittorie. Gli albi d’oro, sovente, sono avari e confondenti. Uno come Emiliozzi, con soli due anni di professionismo e sole tre vittorie, può passare inosservato e, magari giudicato, superficialmente, un modesto. Non è il caso di questo bel corridore compatto e ardimentoso, la cui carriera si ritorce fra le pieghe di quei fatti, piccoli, ma importanti, di cui le memorie, spesso, non sono a conoscenza. Corse in un periodo dove non mancavano di certo i campioni, anzi, nessuno toglierà dalla testa di chi scrive queste note, la convinzione fossero di ben altro spessore rispetto a quelli odierni. Ed Emiliozzi, fu uno che corse a lungo fra i dilettanti, perché allora non si passava di categoria solo per lo sponsor personale da girare alla squadra, o per la raccomandazione di un dottore: dovevi essere forte e sicuro per farcela. E non sempre bastava. Fatto sta che fra i dilettanti, c’era gente che poteva vedersi come armadio a quattro ante, ed Emiliozzi fu per anni fra i più bravi. Uno che non sembrava un campione, ma che anche fra i prof, poteva diventare un ottimo corridore. Nell’elite del ciclismo vi giunse nel 1957, in una grande squadra come la Faema, piena di campioni e con Learco Guerra come nocchiero. Alberto, che all’anagrafe gli risultava abbinato anche il nome Luigi, partì davvero bene. A fine febbraio alla Sassari Cagliari, la sua prima corsa, fu 19°, indi 14° nella Milano Torino, 19° nella Classicissima Milano Sanremo, 22° nel Giro di Reggio Calabria; 10° nel Giro di Campania ed il 16 aprile già vinse. Accadde a Messina, nella prima frazione del Giro a tappe della Sicilia. Dopo aver bellamente difeso la leadership della corsa, cinque giorni dopo s’aggiudicò il Giro. Con due successi già finiti nel palmares, quattro giorni dopo la vittoria al “Sicilia”, Guerra lo schierò nel prestigioso GP Ciclomotoristico, al cospetto di una bella fetta del gotha ciclistico internazionale. Nella seconda tappa, che si concludeva a Salerno, vinse nuovamente e conquistò il primo posto in classifica, che difese per giorni, nonostante varie traversie, per poi chiudere 4° a Roma. Divenuto un evidente, andò a correre il Giro di Svizzera, dove però, vide riacutizzarsi quell’insieme di fastidi che, dagli ultimi giorni del “Ciclomotoristico”, lo affliggevano. Chiuse la corsa elvetica 19°, ma poi non riuscì più ad esprimersi come voleva, proprio per quei malanni. A settembre, nel Tricolore chiuse 49° e nel 1958, altri problemi fisici si aggiunsero. Dopo un per lui insignificante 49° posto al Giro di Toscana, decise di abbandonare l’attività agonistica. Ma cos’era avvenuto, il penultimo giorno del GP Ciclomotoristico? Ebbe uno strano malore, che si seppe poi essere stato causato, almeno così s’è sempre sostenuto, da una altrettanto strana bibita, che avrebbe dovuto fargli bene, ma che invece lo mise a terra. Cosa ci fosse in quella borraccia, non si seppe mai.
Ordine d’arrivo:
1° Alberto Luigi Emiliozzi km. 95,8 in 210’15” alla media 44,130 Kmh; 2° Gui-do Carlesl a 29”; 3° Pierino Baffi a 4’39”; 4° Rik Van Steenbergen (Bel) a 8’11”; 5° Bruno Monti a 6’15”; 6° Miguel Poblet (Esp) a 6’36”; 7° Hugo Koblet a 6’37”; 8° Aldo Moser a 6’41” ; 9° Giorgio Albani a 6’54”; 10° Guido Messina a 7’01”.
Classifica Generale dopo la seconda giornata:
1° Alberto Luigi Emiliozzi in 10h06’34”; 2° Wout Wagtmans (Ned) a 5’44”; 3° Rik Van Steenbergen (Bel) a 6’49”; 4° Guido Carlesi a 7’17”; 6° Aldo Moser a 7’43”; 6° Michele Gismondi a 8’22”; 7° Bruno Monti a 8’59”; 8° Hugo Koblet (Sui) a 9’05”; 9° Miguel Poblet a 9’50”; 10° Fred De Bruyne a 10’21”; 11° Pierino Baffi a 10’26”; 12° Giorgio Albani a 10’32”; 13° Giuseppe Minardi a 10’51”; 14° Rik Van Looy (Bel) a 10’55”; 15° Vito Favero a 12’11”; 16° Giuseppe Fallarini a 12’13”; 17° Guido Messina a 12’15”; 18° Raymond Impanis (Bel) a 12’22”; 19° Nello Fabbri a 12’47”; 20° Gilberto Dall’Agata a 12’50”.
Quarta tappa: Salerno-Campobasso Una frazione densa di trabocchetti, tutta un su e giù, prima del classico circuito finale dietro motoscooter. Si attendeva battaglia, che ci fu, ma l’esito fu davvero imprevedibile. Dopo 66 chilometri, poco dopo il passaggio da Benevento, dove era posto il rifornimento, partì un gregario di Coppi, uno che, silenzioso, sapeva piazzarsi: Stefano Gaggero. Il suo tentativo non fu lasciato scorrere liscio, o nell’abulia del gruppo, come altre volte era capitato quando a fuggire, non era un big o un outsider. Il grosso ci provò eccome, ma a sprazzi, ed il buon Stefano, in grande giornata, riuscì a portare il suo margine d’anticipo a due minuti e mezzo. Poi, dal gruppo, uscirono Fantini e il belga Keteleer, compagno di Gaggero, che non collaborò con l’abruzzese.
Al centesimo chilometro, il vantaggio del battistrada s’era stabilito sui 2’30”, sui due inseguitori e 5’ sul grosso. Su una discesa, i due inseguitori sbandarono e caddero entrambi. Keteleer, ne uscì sbucciato e con una ruota totalmente rotta, mentre Fantini ne usci molto meglio e ripartì subito. L’accaduto però, diede ulteriore spinta al margine del fuggitivo e, ai piedi della salita di San Giuliano del Sannio, Gaggero passò con 4’50” su Fantini e 6’50” sul gruppo. Sulla rampa, né lunga né eccessivamente dura, il battistrada passò la cima con 4’10” su Fantini e 5’10 su Bartolozzi, alla cui ruota si pose il compagno di Gaggero, Michele Gismondi. Il gruppo transitò a 6’. Ancora su e giù per toccare Campobasso, dove le moto attendevano per iniziare il tratto motoristico in circuito. Dodici giri, poco più di 23 chilometri, di strada stretta e abbastanza pericolosa: avrebbe resistito l’atleta che ormai da ore faticava da solo? C’era davvero da simpatizzare con lui, da augurargli col cuore di trovare, in se stesso, quel briciolo di energie che erano necessarie ed indispensabili. Il ragazzo le trovò e riuscì a perdere ben poco tempo, anche in paragone ai campioni dei “dietro motori”, tra i quali balzarono all’offensiva Monti, Van Steenbergen ed il sempre puntuale Moser. Era fatta. Gaggero vinse la tappa con un’impresa, ed a 3’10”, Monti, regolò i papabili al successo finale. Emiliozzi, pur staccato, mantenne il primato in classifica.
Sul vincitore.
Stefano Gaggero nacque a Fabbriche di Voltri (Genova) il 23 aprile 1927, è deceduto ad Arenzano il 23 ottobre 2010. Passista. Professionista dal 1951 al 1961 con 5 vittorie. Un monumento fra i gregari che hanno sostenuto il Campionissimo Fausto Coppi, ed atleta coriaceo, compatto, stereotipo del gregario eccellente nelle corse di fatica. Un corridore che non ha vinto molto come ogni spalla del ciclismo di quei tempi, dove le giornate di libertà, in una stagione, si contavano, lautamente, sulle dita di una mano. Insomma una carriera al servizio di Coppi, senza pentimenti, anzi, con la gioia di uno che è vicino come fraterno amico di una leggenda.
Stefano Gaggero, iniziò a dar segni di tangibilità agonistica nell’Anpi di Fabbriche, per poi passare negli anni più maturi della categoria dilettanti, alla Fausto Coppi. In quegli anni vinse copiosamente. Fra i suoi successi il Trofeo Strazzi nel ’48 e la Coppa Cotonificio a Varazze nel ’49. Passò poi alla Boero e fra le altre vittorie, fece suo il Giro di Asti. A settembre del 1951, su richiesta specifica di Coppi, passò professionista nella Bianchi e lì si cementò il suo ruolo di spalla del Campionissimo, accanto al quale corse praticamente sempre. Con la squadra biancoceleste vinse la cronosquadre di Modena al Giro d’Italia del ’53, successo bissato nella medesima prova l’anno dopo, stavolta a Palermo. Il primo successo individuale lo colse nel GP di Oviglio, nel ’54 e per giungere alla sua migliore annata quali risultanze, bisogna salire al 1957, quando vinse in solitudine la tappa di Campobasso del Gran Premio Ciclomotoristico e la terza tappa, che si concludeva a Basilea, del Giro di Svizzera, chiuso poi al 14° posto. In carriera raccolse pure dei buoni piazzamenti, come il 2° posto nella Sassari Cagliari ’54; il 3° nel GP Belmonte Piceno e il 6° nella Genova Nizza nel ’55; il 7° nel Campionato di Zurigo, il 9° nella Milano Torino, l’11° nel Giro delle Fiandre e nel Giro d’Italia nel 1956; il 6° nel Giro del Piemonte ’57, ed il 9° nel Giro di Svizzera ‘60. Molto forte nelle giornate di tregenda e nelle corse dure con maltempo, come dimostrano le buone performance al “Fiandre”, il gran lavoro per Coppi alla Roubaix e l’ottimo piazzamento colto al Giro d’Italia ’56, costruito nella famosa tappa del Bondone. Chiusa la carriera agonistica nel ’61, divenne camionista, professione che svolse fino alla pensione.
Ordine d’arrivo:
1° Stefano Gaggero km. 163,4 (140 chilometri in linea e 23,4 su circuito dietro motori) in 4h55’58”, media di 33,125 kmh; 2° Bruno Monti a 3’10”; 3° Mi-guel Poblet (Esp) a 3’21”; 4° Aldo Moser, a 3’22”; 5° Rik Van Steenbergen (Bel) a 3’27”; 6° Wout Wagtmans (Ned) a 3’42”; 7° Waldemaro Bartalozzi a 3’46”; 8° Giu-seppe Fallarini a 3’57”; 9° Rik Van Looy (Bel) a 4’06”; 10° Fred De Bruyne a 4’11”; 11° Hugo Koblet (Sui) a 4’12”; 12° Nino Defilippis a 4’19”; 13° Gilberto Dall’Agata a 4’23”; 14° Raymond Impanis (Bel) a 4’22”; 15° Antonin Rolland /Fra) a 4’28”; 16° Nello Fabbri a 4’46”; 17° Alberto Emiliozzi a 4’47”.
Classifica generale dopo la terza giornata:
1° Alberto Luigi Emiliozzi in ore 15,7’19”; 2° Wout Wagtmans (Ned) a 4’39”; 3° Rik Van Steenbergen (Bel) a 5’39”; 4° Aldo Moser a 6’18”; 5° Bruno Monti,a 7’22”; 6° Guido Carlesi a 8’20”; 7° Miguel Poblet (Esp) a 8’24”; 8° Hugo Koblet (Sui) a 8’30”; 9° Stefano Gaggero a 8’47”; 10° Michele Gismondi a 9’16”; 11° Fred De Bruyne a 9’45”.
Quinta tappa: Campobasso-Roccaraso La frazione, da svolgere tutta in linea, partita alle 13, si accese subito per una fuga di Gauthier e di Pintarelli, cui si unirono nel rapidissimo succedersi di cambiamenti di scena, Defilippis, Christian, Dupont e Favero. I sei diedero l’anima nel tentativo, ma dopo circa 30 chilometri un allungo di Monti, di De Bruyne e di Von Looy, riportò il plotone sulla pattuglia d’avanguardia. La pace però durò poco. Ad Isernia, Gauthier che dagli organizzatori si era sentito rimproverare in modo piuttosto esplicito, per la condotta apatica fino ad allora messa in atto, ripeté testardo il tentativo ed suo compagno di avventura, stavolta, fu Gismondi. Dopo cinque chilometri, Fabbri lasciò il grosso e si lanciò all’inseguimento.
All’inizio della rampa che porta ai 787 metri del Macerone, le posizioni erano le seguenti: il francese e il gregario di Coppi alla Carpano, avevano un vantaggio di 40” su Nello Fabbri e 4’10″ sul plotone. Sulla salita successiva, non trascendentale per nulla, Gauthier andò in crisi e Gismondi proseguì da solo in piena trance agonistica. Sulla cima dell’ascesa di Rionero Sannitico, alta 1052 metri sul livello del mare, il vantaggio del battistrada su Fabbri e Gauthier, raggiunse i 2’30”, a 255” un drappello con uno scatenato Emiliozzi, il leader di classifica. La fatica di una tappa dura, iniziò a prendere per il collo gli atleti e la parte finale era ancora più aspra. Gismondi, stoico, operò il miracolo e riuscì stringendo denti e capelli ad arrivare senza compagnia fin sotto lo striscione d’arrivo di Roccaraso. Un’impresa, che riuscì a contenere, il tardivo ritorno del grande Charly Gaul, finalmente sveglio dopo giorni di apatia.
Ordine d’arrivo:
1° Michele Gismondi km 97 in 2h47’57” (in virtù dell’ab-buono di 1’ per i due passaggi ai GPM), alla media di 32,562 kmh; 2° Charly Gaul (Lux) a 1’02”; 3° Vito Favero a 1’11”, 4° Antonin Rolland (Fra); 5° Wout Wagtmans (Ned); 6° Alberto Emiliozzi a 1’16”; 7° Aldo Moser; 8° Fred De Bruyne (Bel) a 1’29”; 9° Miguel Poblet (Esp) a 2’; 10° Roger Decock (Bel) a 2’35”; 11° Guido Carlesi a 2’41”; 12° Giuseppe Mauso a 3’01”.
La classifica dopo la quarta giornata.1° Alberto Luigi Emiliozzi in 10h07’22”; 2° Wout Wagtmans (Ned) a 4’37”; 3° Aldo Moser a 6’18”; 4° Michele Gismondi a 6’55”; 5° Rik Van Steenbergen (Bel) a 9’05″; 6° Miguel Poblet (Esp) 9’08”; 7° Guido Carlesi a 9’41; 8° Fred De Bruyne (Bel) a 9’58; 9° Bruno Monti a 10’43”; 10° Hugo Koblet (Sui) a 12’23”.
Sesta tappa: Roccaraso-Chieti Novanta chilometri in linea, facili, e gli ultimi sette dietro motori per questa prima frazione della quinta giornata di gara. Nulla di interessante lungo l’interminabile discesa verso Sulmona. Le polveri si accesero nei pressi di Popoli, quando, alla caccia di un traguardo volante, partirono Baffi, Fantini e Maule, ai quali presto si aggiunsero Conterno, Impanis, De Cock, Calvi, Pellegrini e Rolland. Si era al 57esimo chilometro e all’aggancio con gli scooter ne mancavano una ventina. Il gruppo per un po’ inseguì i nove fuggitivi, poi decise di lasciarli al loro destino, permettendo unicamente a Fallarini e a Favero, il compito di navigare tra la pattuglia di testa e il grosso. All’atto dell’entrata in scena delle moto, i nove avevano 2’40” su Fallarini e Favero e 4′ sul gruppo. I fatti di gara presero forma e sostanza sulla rampa che porta a Chieti. Mentre la strada si arrampicava a dominare la pianura, Conterno staccò i suoi rivali, ma il sogno svanì a un chilometro dal traguardo. Maule, che era balzato alla controffensiva, lo superò e lo sconfisse, si può dire in volata. Dietro, gli altri componenti il gruppetto dei fuggitivi tagliarono il traguardo sgranati. La lotta fra i papabili alla vittoria la vinse Wagtman,s su Moser, Defilippis, Gaul, Poblet e Van Steenbergen, tutti chiusi nel giro di non molti secondi. Il leader Emiliozzi perse 38” dal suo maggior inseguitore in classifica, l’olandese Wagtmans.
Sul vincitore:
Nato a Gambellara (Vicenza) il 14.03.1931. Passista veloce, alto 1,80 per kg. 74. Professionista dal 1954 al 1961 con 9 vittorie. Gran dilettante, vinse fra le tante corse, autentiche classiche per “puri”, come la Vicen-za-Bionde e l’Astico-Brenta nel ’52, la Cop-pa Berga nel ’53, il G.P. Liberazione e ancora l’Astico-Brenta, nel ’54. Atleta dotato di una potenza non comune e di un temperamento da lottatore, al passaggio fra i prof a fine ’54, era attesissimo. Ed il suo ’55 fu degno delle speranze che si riponevano su di lui. L’aprì con una vittoria nella Milano-Torino, dove superò allo sprint il compagno Aldo Moser, col quale aveva staccato tutti sulla Rezza e lo chiuse trionfalmente, conquistando il Giro di Lombardia sull’as-so belga De Bruyne e “Penna Bianca” Conterno. Dopo questo successo però, Maule non fu pari alle attese, anche se riuscì a vincere ancora qualche bella corsa. Nel ’56, conquistò la tappa di Merano al Giro, proprio la frazione che aveva affrontato il Passo dello Stelvio e chiuse la “Corsa rosa” al quarto posto. Fu un Giro per lui perso nella tremenda tappa del Bondone, ove dovette fermarsi per rifocillarsi, perdendo minuti preziosi in classifica, dopo essere stato per 30 km “Maglia Rosa virtuale”. Sempre nel ’56, vinse il prestigioso Giro dell’Appennino, successo che bissò nel ’58, anno della sua ultima vittoria: il Giro dei Quattro Cantoni a Zurigo. Corse fino al ’60, senza più riuscire a centrare nessun bersaglio.
Ordine d’arrivo:
1° Cleto Maule km 97,2 in 2h10’40’ alla media di 44,633; 2° Angelo Conterno 1″; 3° Raymond Impania (Bel) a 14″; 4° Roger Decock a 24”; 5° Antonin Rolland (Fra) a 46”; 6° Alessandro Fantini a 49”; 7° Armando Pellegrini a 1’05”; 8° Giuseppe Calvi a 1’21”; 9° Pierino Baffi a 2’31” 10° Vito Favero a 3’12”…..; 21° Alberto Emiliozzi a 5’22”.
Settima tappa: Chieti-Pescara Dopo il solito pranzo veloce, alle 15 si ripartì da Chieti alla volta di Pescara: 37 chilometri da percorrere in linea e poi nove giri di un circuito cittadino, dietro moto, per un parziale di 31,5 km, ed un complessivo di frazione di 68,5 chilometri. La parte in linea disse poco o nulla, nonostante vari tentativi e l’andatura veloce. All’aggancio con gli scooter, un colpo di scena che incise sulla corsa, fortunatamente senza conseguenze fisiche per i coinvolti. La Maglia Rosso-Oro, Emiliozzi, appena postosi al rullo cadde a causa di uno spettatore che, forse sul punto di attraversare la strada, si sporse inavvertitamente in avanti. Il pilota della moto, Calzolari, tentò la frenata, si sbilanciò e finì a terra, idem il leader della graduatoria. Nessun danno, come detto, ma per riassestare il manubrio della bicicletta, Emiliozzi impiegò quasi due minuti. Davanti intanto, già al primo giro si capirono i valori in campo, col Campione del Mondo Van Steenbergen al comando, tallonato dal “delfino” Van Looy, indi Monti, Moser, Poblet, Wagtmans, De Bruyne, Koblet e Impanis. Mentre la folla impazzì nel tifo per Gismondi, anch’egli caduto e per l’abruzzese Fantini, l’iridato Van Steenbergen, senza mai dare agli altri la possibilità di avvicinarlo, andò a vincere in solitudine con 19” sullo spagnolo Miguel Poblet.
Ordine di arrivo:
1° Rik Van Steenbergen km 68,5 in 1h33’21”, alla media di 44,028 kmh; 2° Miguel Poblet (Esp) a 19″; 3° Bruno Monti a 23”; 4° Raymond Impanis (Bel a 28”; 5° Rik Van Looy (Bel) a 34”; 6° Hugo Koblet (Sui) a 38”; 7° Aldo Moser a 48”; 8° Wout Wagtmans (Ned) a 51”; 9° Fred De Bruyne (Bel); 10° Nino Defilippis…….; 26° Alberto Emiliozzi a 3’01”.
Classifica generale dopo la quinta giornata:
1° Alberto Luigi Emiliozzi in 21h59’46”; 2° Wout Wagtmans (Ned) a 1’49”; 3° Aldo Moser a 3’29”; 4° Rik Van Steenbergen (Bel) a 5’42”; 5° Miguel Poblet (Esp) a 6’03”; 6° Michele Gismondi a 7’18”; 7° Raymond Impanis a 7’43”; 8° Antonin Rolland (Fra) a 8’03”; 9° Bruno Monti a 8’06”; 10) Fred De Bruyne (Bel) a 8’52”.
Ottava tappa: Pescara-Teramo Si partì da Pescara senza Koblet, ritiratosi per tornare in Svizzera, dove lo aspettava una grave situazione famigliare: la moglie con fratture ad entrambe le gambe, la madre con itterizia acuta e la salute del suocero aggravatasi, dopo un intervento chirurgico. Anche Minardi salutò il Gran Premio, per le sofferenze derivate da un foruncolo al soprassella. Il romagnolo alzò “bandiera bianca”, visto che la velocità della frazione si mosse subito terribilmente sostenuta. A determinarla, vari tentativi di fuga, nei quali si notò il diligente lavoro degli uomini della Faema di Guerra, in difesa di Emiliozzi. Per nessuno vi fu disco verde, fin quasi in vista dell’agganciò agli scooter situato ad una dozzina di chilometri da Teramo. Finalmente, un allungo di Van Looy e Christian, ebbe fortuna e la coppia si pose al rullo degli allenatori, con circa 2′ di vantaggio sul gruppo. Sulla strada un po’ in salita e un po’ in discesa, Van Looy più esperto e forte, lasciò Christian, mentre alle spalle del belga, facile vincitore e dell’austriaco, secondo arrivato, gli altri si selezionarono senza infliggersi severi distacchi. Ma Wagtmans, comunque, i suoi bei 41” ad Emiliozzi li recuperò. Restavano nel serbatoio del corridore di Tarquinia, 1’08”.
Sul vincitore.
Nato a Grobbendonk (Herentals) il 20 dicembre 1933, professionista dal 1953 al 1970. Definirlo “Imperatore di Herentals”, fu una traduzione fedele di quanto imposto dal copione che si era dato nel ciclismo per tre lustri abbondanti. Un atleta determinato, forte, con un’indole da monarca, come raramente s’è visto nell’intero sport. Henry “Rik” Van Looy, rappresenta un esempio di come si possa migliorare, se si è in possesso di una feroce volontà. Già, perché questo fiammingo, non era stato dotato dalla natura di un talento sopraffino, in grado di rendere più facile il raggiungimento di una carriera dorata. Lui doveva inseguire e lavorare duro per mettersi al passo delle sue ambizioni e vi riuscì bellamente quasi dappertutto. Quasi, appunto. Nelle corse a tappe di tre settimane, ad esempio, non ha lasciato tracce di vertice primario, idem nelle singole gare a cronometro. Eppure, si difendeva così bene anche là dove non scendeva in strada col ruolo di favorito, da fungere ugualmente da faro, perlomeno di quel tanto da far dire a chi lo batteva: “Bèh, sono andato davvero bene, ho battuto Van Looy!”. Il suo ruolo e quell’autorevolezza che l’hanno eletto “Imperatore”, nonché, perché no, le fondamenta della sua leggenda, si sono mosse su quei punti che seppe raggiungere come nessuno, nelle classiche e nelle corse di un giorno, o brevi prove a tappe e lì, con la sola eccezione Eddy Merckx, gli altri possono solo guardargli la ruota. Personaggio a molti antipatico per il tono col quale tendeva a guardare e trattare gli avversari, uomo di parole pesanti come macigni, ed atleta asfissiante nella difesa del suo feudo, Rik Van Looy, rappresenta un fulcro della storia del ciclismo, uno su cui ogni osservatore è costretto a fare i conti e sul quale, forse, son state date letture a volte frettolose o ingiuste. Certo, perché diversi suoi gregari non lo hanno mai dipinto come despota, ma come uomo sì esigente, ma di parola e riconoscente anche dopo la fine della carriera. Altri, lo giudicano persona dal forte spirito di squadra, consapevole di essere fisicamente e psicologicamente il più forte del sodalizio, quindi naturalmente spinto a vedere gli altri, corridori e team, come nemici. Altri ancora, lo giudicano addirittura un tipo che ha visto nel ciclismo unicamente uno strumento per garantirsi una certa agiatezza, tanto è che a carriera chiusa, s’è allontanato dall’ambiente. Comunque, aldilà dei giudizi, più o meno suggestionati dalla posizione d’osservazione, restano le traduzioni agonistiche di Van Looy, e quelle parlano un linguaggio davvero eletto.
![[Immagine: 39-rik-van-looy.jpg?w=614]](https://i1.wp.com/capovelo.com/wp-content/uploads/2015/12/39-rik-van-looy.jpg?w=614)
L’Imperatore di Herentals, dalla località di residenza (quella di nascita è Grobbendonk), nacque il 20 dicembre 1933, ed è stato professionista dal 1953 al 1970. Buon dilettante (vinse 68 corse in due anni!), decise di passare molto presto alla massima categoria convinto che fosse quello il “luogo” per fare il giusto apprendistato. Come da sue personali previsioni giunse ai vertici del ciclismo dopo tre anni di maturazione e di successi in prove di secondo piano. Dal 1956, quando vinse fra una miriade di gare, Parigi Bruxelles, Gand Wevelgem, GP della Scheda, Giro d’Olanda e Tre giorni di Anversa, il suo palmares, s’è ogni anno impreziosito di qualità e di una quantità che è la seconda dopo Merckx nella storia, ben 371 vittorie. Non è finita perché Rik è l’unico a poter vantare almeno una vittoria in tutte le maggiori classiche di un giorno del calendario internazionale (Merckx, ad esempio non ha mai vinto la Parigi-Tours). Vinse “soltanto” per due anni consecutivi il Campionato del mondo (nel ’60 e ’61), solo perché nel ’62, quando il percorso era per lui adatto, si presentò ai mondiali di Salò, ancora convalescente per una grave caduta nel Tour de France (allora i mondiali non erano ad ottobre…). Nel 1963 poi, a Renaix, venne clamorosamente tradito dal giovane connazionale Benoni Beheyt, verso il quale si era prodigato per farlo selezionare per la prova iridata e dal quale non si sarebbe mai aspettato un gesto come quello che poi lo relegò ad un “beffardissimo” secondo posto. Comunque, aldilà delle due vittorie, per dieci anni è stato considerato il campione del mondo potenziale delle corse di un giorno. Se ai suoi tempi, vi fosse stata una Coppa del Mondo, o l’odierno ProTour, probabilmente ogni anno Rik Van Looy….avrebbe incassato l’assegno spettante al primo.
L’analisi delle 371 vittorie, aldilà dei due mondiali, comprende oltre 210 corse in circuito o criterium, 2 campionati nazionali, 16 classiche, 3 giri nazionali, 6 corse a tappe (max una settimana di durata), 100 tappe di giri (nessuna a cronometro), 29 prove in linea in Belgio e 3 all’estero. Da grande velocista trovò modo di emergere anche su pista vincendo il titolo belga dell’americana con Sercu nel ’69 e, soprattutto, cogliendo il successo in 12 Sei Giorni. Il suo grande cruccio erano le corse a tappe della leggenda: per vincerle non disdegnò fughe da comprimario, al fine di reggere l’urto delle grandi montagne, dove sapeva di essere staccato dai grandi avversari della sua epoca. Lasciò il ciclismo il 22 agosto 1970 dopo aver disputato il Criterium di Valkenwaard, in Olanda. Nel dopo carriera, i suoi unici contatti col mondo del ciclismo, si sono consumati nel partecipare a qualche ricorrenza o festa. Chi lo ha visto nelle occasioni più recenti, scommette ….sull’inesattezza della sua anagrafe. Sembra un sessantenne, invece, è molto vicino agli ottanta.
Ordine d’arrivo:
1° Rik Van Looy (Bel) km. 66 in 1h30’5″, media km. 43,939; 2° Adolph Christian (Aut) a 38″; 3° Raymond Impanis (Bel) a 1’10”; 4° Charly Gaul (Lux) a 1’15”; 5° Nino Defilippis a 1’21”; 6° Desiré Keteleer (Bel) a 1’25”; 7° Rik Van Steenbergen (Bel) a 1’32”; Wout Wagtmans (Ned) a 1’36″; 9° Miguel Poblet (Esp) a 1’48”; 10° Aldo Moser a 1’49”; 11° Gilberto Dall’Agata a 1’52”; 12° Bruno Monti a 1’54”; 13° Fred De Bruyne (Bel) a 2’; 14° Antonin Rolland (Fra) a 2’01”; 15° Giuseppe Fallarini a 2’03”; 16° Michele Gismondi a 2’08”; Guido Carlesi a 2’15”; 18° Alberto Emiliozzi a 2’17”.
Nona tappa: Teramo-Ascoli Piceno
Calma assoluta nel pomeriggio per la Teramo-Ascoli Piceno, che pure presentava il terreno adatto per chi si sentisse voglia di pigiare sui pedali. Tutti i concorrenti giunsero praticamente insieme al rituale appuntamento con le motociclette, appuntamento dove Poblet, dopo poche battute se ne andò. Monti tentò di seguirlo, ma lo spagnolo, ancora senza successi, con una sconcertante regolarità conquistò il successo senza nemmeno essere costretto a faticare troppo. Nel finale, Monti fu superato da Wagtmans che conquistò la Maglia Rosso-Oro, avendo staccato di 1’18” Emiliozzi, giunto 11°. Di nota anche la brutta frazione del Campione del Mondo Van Steenbergen, giunto 12° a 1’53” da Poblet.
Sul vincitore.
Dire che Poblet rappresenta uno dei massimi campioni che la Spagna possa vantare è verità, anche se il tempo e la fresca memoria di un Indurain, di un Olano, di un Heras, o di un Freire, può far apparire il tutto con luce più offuscata. Fisicamente molto potente, possedeva uno spunto velocistico di nota primaria che gli consentì di vincere copiosamente, sia in terra iberica che in Italia, dove ha svolto la maggior parte della sua carriera e dove era popolarissimo. Di lui si ricorda con particolare affetto il modo gentile di proporsi e il protagonismo che riusciva a recitare anche quando veniva sconfitto. Era persino un’icona, come diremmo oggi, del pubblico femminile dell’epoca. Le sue più importanti affermazioni, tra l’altro, portano dritte nel nostro Paese. Si impose nella Milano-Sanremo del 1957 superando il belga, poi giornalista, Fred De Brune e si ripeté nel ’59, stavolta davanti al celeberrimo Rik Van Steenbergen, mentre nell’anno di mezzo fra i due successi, nel ’58, giunse secondo, bruciato dall’emergente ed imperioso Van Looy. Un altro aspetto evidente della presenza ciclistica di Miguel Poblet, ci giunge dal suo essere stato, per un lustro, il più grande cacciatore di tappe al Giro d’Italia. Nel suo palmares figurano ben 20 successi in sei partecipazioni alla corsa rosa: quattro nel ’56 e altrettante nel ’57, tre nel ’58, ’59, ’60, ’61. In Italia vinse inoltre la Milano Torino ’57 e la Sassari- Cagliari ’60, affermazioni, che unite alle altre e al fatto di militare nell’Ignis, contribuirono a creargli un’enorme simpatia fra gli italiani anche perché Miguel non perse mai occasione di proporre ripetute attestazioni di amicizia verso il nostro paese. L’altra parte del suo bottino è data dalle vittorie in Spagna, a cui si aggiungono quelle in terra francese al Midi Libre ’55 e da tre tappe del Tour. Nella sua terra passò professionista da subito, a soli sedici anni, approfittando della promiscuità delle gare e, già a diciassette, si dimostrò vincente come i corridori più navigati. Una rapida disamina ci evidenzia successi nel campionato spagnolo della Montagna nel ’47, ’48, ’49 (quando era ispirato, Miguel, si difendeva benissimo in salita, basti citare il suo successo sul Bondone al Giro d’Italia ’57, nel giorno della famosa fermata per pipì di Gaul, che costò al lussemburghese un successo pressoché sicuro); nelle gare a tappe come il Gran Premio di Catalogna ’47-’48, il Gran Premio Marca ’48, Il Giro di Catalogna ’52 e ’60 e il Giro di Majorca ’54. Fra le corse d’un giorno ha vinto il Campionato di Sabadell ’45, il Trofeo Jaumandreu ’45-’47, il Campionato di Catalogna ’46-’47-’48, il Gran Premio Amorebieta ’47, il Gran Premio di Pamplona ’48, il Campionato di Barcellona ’51, ’56, ’57, il Trofeo Mansferrer ’54 oltre a tre tappe della Vuelta di Spagna che ha corso solo due volte. Per le sue doti di sprinter è stato validissimo anche su pista, vincendo sette volte il campionato spagnolo di velocità, uno di americana (con Sant) e imponendosi in tre Sei Giorni: a Barcellona, Buenos Aires e Madrid. Dopo aver chiuso la carriera nel 1962, è rimasto per lunghi anni nel ciclismo spagnolo come figura carismatica, ha presieduto la Federazione Catalana nonché assunto il ruolo di massimo organizzatore del Giro di quella regione per diversi anni. Un monumento per il ciclismo iberico.
Ordine d’arrivo:
1° Miguel Poblet (Esp) km 62,800 in 1h30’45” alla media di 41,521 kmh; 2° Wout Wagtmans (Ned) a 28”; 3° Raymond Impanis (Bel) a 43″; 4° Bruno Monti a 52”; 5° Rik Van Looy (Bel) a l’05”; 6° Nino Defilippis a 1’10”; 7° Fred De Bruyne (Bel) a 1’14”; 8° Aldo Moser a 1’15″; 9° Charly Gaul (Lux) a 1’40”; 10° Gilberto Dall’Agata a 1’43″; 11° Alberto Emiliozzl a l’46”.
Classifica generale dopo la sesta giornata:
1° Wout Wagtmans (Ned) in 25h04’29”; 2° Alberto Emiliozzi a 10″, 3° Aldo Moser a 2’39”; 4° Miguel Poblet (Esp) a 3’58”; 5° Rik Van Steenbergen (Bel) a 5’14”; 6° Raymond Impanis (Bel) a 5’44”; 7° Bruno Monti a 6’56”; 8° Michele Gismondi a 8’14” 9° Fred De Bruyne a 8’14”; 10° Antonin Rolland a 9’18”.
Decima tappa: Ascoli Piceno-Spoleto In una giornata che s’annunciava di tregenda per le condizioni atmosferiche, partì la lunga frazione che da Ascoli Piceno avrebbe portato i corridori a Spoleto, dopo 227 chilometri, unico segmento agonistico della settima giornata di corsa. Non fu una tappa che scatenò la rivoluzione che qualcuno s’aspettava, vista l’asprezza del tracciato e l’aggravio per le condizioni del tempo. Nonostante ciò, va detto, che l’altissima velocità con la quale fu condotta, stese un diploma alla qualità dei corridori e nel complesso alla stessa corsa. Sulla prima salita della giornata, che portava a Croce di Casale e che si trovava sul percorso subito dopo il via, il plotone permise a Favero di andarsene con tutta tranquillità e di tagliare indisturbato il traguardo del GPM, così come permise a Bartolozzi, a Gismondi e a Fabbri, di disputarsi i posti d’onore. Nella discesa i fuggitivi furono raggiunti e non appena il plotone si riformò compatto, scattò Gauthier. Stava cadendo acqua copiosa, a catenelle come s’usa dire, ma il ritmo del francese, con addosso la maglia di Campione Nazionale, abituato a corse ai limiti dell’estremo, fu davvero di nota. Così bravo da tenere la testa per 170 chilometri e nonostante un inseguimento sempre notevole. Poi, la lunghissima discesa su Foligno e una foratura di Poblet, che scatenò la bagarre, diedero la mazzata alle speranze del francese. All’inizio del tratto motoristico, posto su un circuito da ripetere quindici volte, per un totale di 25 chilometri, col tempo finalmente trasformatosi in discreto, Gauthier, giunse con ancora 10” di vantaggio, ma oramai la sua azione nulla poteva più. Dietro al rullo degli scooter s’esaltarono inizialmente i vari Monti, Carlesi, Van Steenbergen, Van Looy, Poblet, che era rientrato dopo la foratura e il leader Wagtmans. Monti illuse, poi ci provò l’iridato, ma a fare il vuoto ci pensò ancora una volta lo spagnolo Poblet, che andò a vincere la sua seconda tappa consecutiva e ad assestarsi in classifica, in posizione tale, da giocarsi delle carte nella giornata seguente, l’ultima e decisiva.
![[Immagine: miguel_poblet_ciclismo.jpg]](https://nst.sky.it/immagini/sport/ciclismo/2013/04/06/original/miguel_poblet_ciclismo.jpg)
Ordine d’arrivo:
1° Miguel Poblet (Esp) km 227,5 in 5h52’29” alla media di 38,725 kmh; 2° Rik Van Looy (Bel) a 25”; 3° Rik Van Steenbergen (Bel) a 27”; 4° Wout Wagtmans (Ned) a 33”; 5° Aldo Moser a 43”; 6° Fred De Bruyne (Bel) a 50”; 7° Raymond Impanis a 55”; 8° Vito Favero a 58”; 9° Nino Defilippis a 59”; 10° Gilberto Dall’Agata a 1’06”.
Classifica generale dopo la settima giornata:
1° Wout Wagtmans (Ned) in 30h57’31”; 2° Alberto Emiliozzi a 1’53”, 3° Aldo Moser a 2’49”; 4° Miguel Poblet (Esp) a 3’25”; 5° Rik Van Steenbergen (Bel) a 5’08”; 6° Raymond Impanis (Bel) a 6’06”; 7° Bruno Monti a 7’07”; 8° Fred De Bruyne a 8’31”; 9° Michele Gismondi a 9’31”; 10° Antonin Rolland a 10’16”.
Undicesima tappa: Spoleto-Rieti La frazione 61,1 km tutti in linea, fu l’ultima dell’edizione 1957, a contenere nel suo seno delle salite. Presenza circoscritta al Passo della Somma, che i corridori affrontarono subito dopo il via. In cima passò con un minuto di vantaggio, il toscano Waldemaro Bartolozzi. Il primo inseguitore fu il trevigiano Vito Favero, che anticipò il gruppo di una manciata di secondi. Con quell’ultima ascesa fu definitiva la classifica dei GPM, che vide Gismondi primo e il Campione di Francia, Gauthier, secondo. Il bellissimo panorama di tappa, stuzzicò l’inseguimento di Favero che, però, fu tagliato fuori da una foratura. Sul battistrada Bartolozzi, si portarono così l’abruzzese ormai bresciano Fantini, il cremasco Baffi ed il romano Fabbri. I quattro ben poco disturbati dall’inseguimento del gruppo, volarono su Rieti e nella decisiva volata, Alessandro Fantini la spuntò di una gomma su Pierino Baffi. Il gruppo, praticamente compatto, finì a quattro minuti e mezzo. Invariata la classifica.
Sul vincitore.
![[Immagine: Fantini_zpsltifehgw.jpg?t=1546195616]](http://i1161.photobucket.com/albums/q504/ilnuovociclismo123/Fantini_zpsltifehgw.jpg?t=1546195616)
Alessandro Fantini nacque a Fossacesia il primo gennaio 1932. Deceduto a Treviri (Germania) il 5 maggio 1961, in seguito ad una caduta verificatasi al termine della tappa di Treviri, in occasione del Giro di Germania. Velocista. Alto m. 1,69 per kg 66. Professionista dal 1955 al 1961 con 15 vittorie. Il classico sprinter brevilineo ed esplosivo, con una combattività notevole, ben lontana dalla versione odierna dei velocisti. Il simpatico “Sandrino” d’Abruzzo, trasferitosi a Brescia, prima per il servizio militare e, poi, per matrimonio, si faceva ammirare anche per il temperamento con il quale cercava le vittorie, attaccando a ripetizione e battendo poi i gruppetti di avversari che si sganciavano con lui. Sono state le grandi corse a tappe a metterlo in evidenza: vinse sette tappe al Giro d’Italia (e portò nove giorni la Maglia Rosa), due in quello di Francia e tre in Germania, una del Ciclomotoristico. Una sola classica, la Milano-Vignola ’60, con la Gazzola, mentre in precedenza aveva sempre corso per l’Atala. La caduta all’arrivo della tappa di Treviri, nel Giro di Germania ’61 (s’era imposto a Kellminens due giorni prima), gli provocò la frattura del cranio e dopo due giorni morì, lasciando nella disperazione moglie e figlia, nonché incompiuta una carriera apprezzabile. Tutte le sue vittorie. 1955: Tappa Acqui Terme (Giro d’Italia); Tappa Trieste (Giro d’Italia); Tappa Millau (Tour de France); Tappa Roma (Criterium Nazioni). 1956: Tappa Genova (Giro d’Italia); Tappa Salice Terme (Giro d’Italia); Tappa Angers (Tour de France). 1957: Tappa Rieti (G.P. Cìclomotoristico); Tappa Cattolica (Giro d’Italia); Tappa Como (Giro d’Italia). 1959: Tappa San Pellegrino (Giro d’Italia). 1960: Tappa Munster (Giro di Germania); Tappa Ludwigshafen (Giro di Germania); Milano-Vignola. 1961: Tappa Kellminens (Giro di Germania).
Ordine d’arrivo:
1° Alessandro Fantini km 61,1 in 1h39’05” alla media di 36,999 kmh; 2° Pierino Baffi; 3° Nello Fabbri; 4° Waldemaro Bartolozzi; 5° Cleto Maule a 4’26”; 6) Giuseppe Mauso; 7° Guido Messina a 4’42”; 8° René Strehler (Sui) a 4’48”; 9° Giuseppe Pintarelli a 4’54”; 10° Aldo Moser.
Dodicesima tappa: Rieti-Rieti (circuito) Un intervallo di poco più di un’ora e, poi, la frazione speciale in circuito dietro motoscooter a cronometro. Il grande belga Fred De Bruyne, vinse con una decina di secondi su Poblet. La prova che aveva lo scopo di creare spettacolo per gli sportivi, numerosissimi, della città, finì per rappresentare, invece, un brutto colpo per Moser. Il trentino infatti forò e perse pochi secondi, sufficienti però per perdere il terzo posto in classifica a vantaggio di Poblet.
Sul vincitore.
![[Immagine: 14152597971453DEBRUYNEAlfred.jpg]](http://www.dewielersite.net/db2/wielersite/beeldbank2014/14152597971453DEBRUYNEAlfred.jpg)
Nato a Berlare il 21 ottobre 1930, professionista dal 1953 al 1961. Bèh… sentire oggi il Bulbarelli che parla della vittoria di De Bruyne alla Parigi Tours ’57, come di un mezzo furto a Bobet, fa un po’ sorridere. Proprio a Bobet poi…. Fred era nettamente più veloce di Luison e che abbia giocato le sue carte era più che ovvio. La frase esternata da Bobet dopo l’arrivo, pur nella rabbia comprensibile per l’ennesimo secondo posto di quella sua stagione, non gli fa onore, perché nella sua storia, gli atti di furbizia sono stati copiosi, semmai in quella occasione ebbe di ritorno un po’ di quello che aveva sovente seminato. Chiusa la parentesi e tornando al comunque grande De Bruyne, val subito la pena ricordare quanto questo corridore abbia dimostrato valori da chiaro campione, attraverso un dato: nel triennio ’56-’57-’58 vinse la Desgrange Colombo, che era prestigioso campionato mondiale a punti (qualcosa di meglio delle classifiche a cui nell’odierno siamo abituati a vivere). Ed un altro aspetto non da poco, ci viene dalla considerazione che uno come Fred emerse un un’epoca, dove le leggi del gruppo nelle corse di un giorno e nelle classiche, vivevano sull’impronta gigantesca di due connazionali come Van Steenbergen e Van Looy.
Dopo esser stato un grande dilettante trasferì ben presto anche nella massima categoria le sue facoltà di corridore tatticamente perfetto, veloce e attento a giocare sempre al meglio le sue carte. La successione delle sue vittorie di maggior prestigio è impressionante. Nel ’53 vinse il Giro delle Fiandre per Indipendenti e, l’anno successivo, il primo da completo prof, vinse tre tappe al Tour, ed il Circuito delle Fiandre orientali. Dopo un ’55, dove comunque colse diversi bersagli nella sua terra, esplose compiutamente nel ’56, stagione nella quale vinse la Milano Sanremo, la Liegi Bastone Liegi, la Parigi Nizza, tre tappe al Tour de France e colse piazzamenti in tutte le classiche (notevole il secondo posto alla Roubaix, proprio dietro a Bobet). Nel ’57, si confermò un numero uno, trionfando nel Giro delle Fiandre, nella Parigi Roubaix, e nella Parigi Tours, corredandole di altre vittorie minori e diversi piazzamenti di prestigio. Ancora ottimo il suo ’58, coi successi nella Parigi Nizza e nella Liegi Bastone Liegi. Nel ’59, vinse per la terza volta la decana Liegi Bastone Liegi, ma nel ’60, a causa di un incidente accorsogli mentre era in auto con l’amico Willy Vannitsen che guidava, la sua carriera fu compromessa. Tentò di riprendersi e nella primavera del ’61, con la vittoria nella Kuurne-Bruxelles-Kuurne, recitò il suo canto del cigno. Amava l’Italia, paese che ha conosciuto bene grazie alla militanza in taluni suoi sodalizi (sapeva molto bene l’italiano). Dopo aver chiuso col ciclismo pedalato, divenne per un lungo periodo telecronista della TV belga di espressione fiamminga (frequenti i suoi duetti con De Zan), e poi, negli anni ottanta direttore sportivo. Morì nel ’94 per una malattia incurabile.
Ordine d’arrivo:
1° Fred De Bruyne (Bel) km 10,260 in 12’10” alla media di 60,666 kmh; 2° Miguel Poblet (Esp) ad 8”; 3° Raymond Impanis (Bel) a 9”; 4° Rik Van Looy (Bel) a 18″; 5° Rik Van Stcenbengen (Bel) a 20”.
Tredicesima tappa: Rieti-Roma L’ultima frazione, la solita e spettacolare da chiudersi dietro motoscooter sul circuito delle Terme di Caracalla, iniziò con pessime condizioni atmosferiche: cielo nero e acqua a catinelle. I corridori imbacuccati negli impermeabili, pedalarono al piccolo trotto tutta la parte in linea della frazione, con l’unico sussulto, a Guidonia, per la volata valevole per il traguardo volante, vinto da Fabbri su De Bruyne. Il gruppo compatto, giunse così all’aggancio con gli allenatori che li attendevano all’imbocco del circuito delle Terme di Caracalla. A maltempo terminato e sotto un tiepido sole, in mezzo ad una folla enorme, scoppiò la battaglia che perdurò per tutti i 14 giri del circuito. Monti le provò tutte per vincere davanti al pubblico di casa: per nove tornate restò in testa, poi crollò. Poi salì in cattedra Miguel Poblet che andò a vincere la sua terza tappa. Wout Wagtmans che si difese benissimo, conquistò per la gioia di Costante Girardengo, il prestigioso Gran Premio Ciclomotoristico delle Nazioni.
![[Immagine: Wagtmans%20e%20Girardengo_zpsthkytqdr.jpg?t=1546197139]](http://i1161.photobucket.com/albums/q504/ilnuovociclismo123/Wagtmans%20e%20Girardengo_zpsthkytqdr.jpg?t=1546197139)
Wout Wagtmans e Costante Girardengo binomio vincente
Ordine d’arrivo:
1° Miguel Poblet km 147 in 4h19″ alla media di 36,702 kmh; 2° Nino Defilippis a 18″; 3° Raymond Impanis a 24″; 4° Aldo Moser a 27″; 5° Rik Van Steenbergen a 34”; 6° Bruno Monti a 39”; 7° Wout Wagtmans a 40”.
![[Immagine: Poblet%20Gira%20e%20Wagtmans_zps9encplbx.jpg]](http://i1161.photobucket.com/albums/q504/ilnuovociclismo123/Poblet%20Gira%20e%20Wagtmans_zps9encplbx.jpg)
Costante Girardengo fra Miguel Poblet (a sx – vincitore di tappa) e Wout Wagtmans (a dx – vincitore del Gran Premio Ciclomotoristico)
Classifica Generale Finale:
1° Wout Wagtmans (Ned – Girargengo Elf) in 36h55’05”; 2° Miguel Poblet (Esp – Ignis Doniselli) a 2’28”; 3° Aldo Moser (Leo Chlorodont) a 3’02”: 4° Alberto Luigi Emiliozzi (Faema-Guerra) a 3’50”; 6° Rik Van Steenbergen (Bel – Peugeot BP) a 4’58”; 6° Raymond Impanis (Bel – Peugeot BP) a 6’31”; 7° Bruno Monti (Atala) a 7’43”; 8° Fred De Bruyne (Bel – Carpano Coppi) a 8’25”; 9° Nino Defilippis (Bianchi Pirelli) a 11’02”; 10° Michele Gismondi (Carpano Coppi) a 11’49”; 11° Antonin Rolland (Fra – Bobet BP Hutchinson) a 12’30”; 12° Guido Carlesi (Bottecchia Gripo) a 12’39” 13° Vito Favero (Bottecchia Gripo) a 16’21”; 14° Giuseppe Fallarini (Asborno Frejus) a 16’21”; 15° Pierino Baffi (Arbos-Bif-Welter) a 16’24”; 16° Charly Gaul (Lux – Faema-Guerra) a 17’34”; 17° Gilberto Dall’Agata (Torpado Girardengo) a 20’03”; 18° Adolph Christian (Aut – Carpano Coppi) a 27’53”; 19° Nello Fabbri (Legnano) a 28’57”; 20° Giuseppe Mauso (Bottecchia Gripo) a 31’36”; a distacchi maggiori, 21° Alessandro Fantini (Atala); 22° Desiré Keteleer (Bel – Carpano Coppi); 23° Jacques Dupont (Fra – Saint Raphael-Geminiani); 24° Giuseppe Pintarelli (Leo Chlorodont); 25° René Strehler (Sui – Faema Guerra); 26° Roger Decock (Bel – Faema Guerra); 27° Bernard Gauthier (Mercier BP Hutchinson).
![[Immagine: Wagtmans%20premio_zpsfgjgxxi8.jpg?t=1546197145]](http://i1161.photobucket.com/albums/q504/ilnuovociclismo123/Wagtmans%20premio_zpsfgjgxxi8.jpg?t=1546197145)
La Lupa di bronzo al vincitore Wout Wagtmans
Maurizio Ricci detto Morris