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    Julio Jimenez, l’Eliolona e l’ultimo sussulto della carriera sul Passo della Cantoniera

    Maurizio RicciDi Maurizio Ricci9 Giugno 20224 Minuti di Lettura

    Nato ad Avila il 28 ottobre 1934, Jimenez è stato professionista dal 1959 al 1969, con 52 vittorie all’attivo. Un atleta “passerotto” che maturò piuttosto tardi, poiché a lungo, a causa di origini umilissime, le sue corse in bici si alternarono al lavoro di orologiaio. Di qui il soprannome de “l’Orologiaio di Avila”, oppure, per la sua fede scrupolosamente osservante, quello di “Sacrestano”.

    Quando si trasferì a Madrid con la famiglia nel 1953, il suo trend non si modificò e per poter sostenere l’attività ciclistica che aveva abbracciato completamente la sua passione, fu costretto pure ad aiutarsi andando ad acquistare pezzi per lo strumento di gara ai mercatini delle pulci. La sua taglia fisica e le sue specifiche attitudini alla salita però, pian piano lo misero in luce, fino al passaggio al professionismo.

    Ne uscì una carriera che lo ha fatto entrare fra i grandi scalatori di ogni epoca, naturalmente indirizzato verso le maggiori gare a tappe, dove, purtroppo, la sua debolezza a cronometro e la scarsa concentrazione, hanno ridotto sensibilmente il suo comunque buon palmares. Vissuto a lungo come alter ego del grande Bahamontes, è stato Campione di Spagna nel ’64 e della Montagna nel ’62 e ’65.
    Ovviamente, s’è messo in mostra nelle gare in salita, come sul Mont Faron nel ’63, indi ad Arrate nel ’65, Urkiola ’62, ’64, ’65, Poly ’67.

    Ma i pezzi forti del suo ruolino, stanno nelle maggiori corse a tappe, dove ha vinto la Classifica dei Gran Premi della Montagna 3 volte al Tour de France (’65, ’66 e ’67); altrettante volte nella Vuelta (’63, ’64, ’65), nonché le tappe a lui più congeniali: 5 al Tour, 4 al Giro d’Italia e 3 alla Vuelta. I suoi piazzamenti migliori nella classifica generale, furono il 2° posto al Tour nel ’67 dietro Roger Pingeon, il 4° al Giro d’Italia ’66 (dove per undici tappe indossò la Maglia Rosa) e il 5° nella Vuelta di Spagna ’64.

    Il passaggio in Eliolona

    A fine ’68, il suo contratto con la francese “Bic” di Raphael Geminiani e del coetaneo Jacques Anquetil, non fu rinnovato, probabilmente per dissidi col nocchiero emigrato in Francia da Lugo di Ravenna. Trovatosi disoccupato, fu contattato dal pubblicitario marchigiano Alceo Moretti, un personaggio che ha fatto tanto bene al ciclismo italiano negli anni ’60.

    Costui, infatti, era specialista nel trovare nell’inverno fra una stagione e l’altra, aziende disposte a formare squadre, attingendo fra i disoccupati e quei dilettanti d’esperienza e spessore che, incredibilmente, non erano stati posti a contratto dalle squadre consolidate. Moretti trovò nella milanese Eliolona, azienda leader nelle tende da sole (in seguito assorbita dalla Zucchi), colei che gli consentì l’ennesimo salvataggio di un bel gruppo di corridori. Fra questi, appunto, Jimenez, un atleta però, già al tramonto.

    29 maggio 1969 – Giro d’Italia  – frazione Senigallia-San Marino di 185 km – l’ultimo sussulto di Julio Jimenez

    In una giornata grigia ma caldissima e afosa ai limiti della sopportazione, si visse subito un colpo di scena. Mentre il gruppo s’avvicinava al chilometro “zero” di Senigallia, la Maglia Rosa Silvano Schiavon e Ugo Colombo caddero. Fortunatamente niente di grave, ma lo start ebbe luogo con e con qualche minuto di ritardo, per dar modo al dottor Frattini, di medicare i due. La tappa, che aveva nel Passo della Cantoniera di Carpegna, l’asperità principale di giornata, prima dell’arrivo all’insù della Repubblica del Titano, si consumò noiosa e a bassissima andatura.

    Le condizioni ambientali, il bisogno di cercare acqua (allora, le opportunità di oggi, erano solo dei sogni), frenarono gran parte degli ardori agonistici. I tentativi di Gattafoni e Scopel e quello più lungo di Paolini, di fatto, furono spinti dal bisogno di cercare acqua…. con più calma. Sulla Cantoniera, si visse a lungo sul “vogliamoci  bene” di gruppo.

    Poi, uno scatto del grande scalatore spagnolo ormai  al lumicino, Julio Jimenez,  ruppe la monotonia. In cima, “l’Orologiaio di Avila”, passò con una trentina di secondi su due romagnoli in cerca di evidenza, il cesenate Guido Neri della Scic, per tutti uno dei migliori gregari italiani negli anni ’60, ed il forlivese di San Martino in Strada, Giancarlo Toschi, spalla di Ole Ritter ed un ormai al crepuscolo Vito Taccone, alla Germanvox Wega. Il gruppo, tuttavia, tornò compatto in discesa e la conquista del GPM della Cantoniera, fu l’ultimo sussulto di Julio Jimenez, il quale, all’indomani del Giro, chiuso ad un per lui modesto 34° posto, appese la bicicletta al chiodo.

    Julio Jimenez
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    Maurizio Ricci

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